Madeleine Vionnet è stata senza dubbio una pioniera della moda. Con il suo metodo ha portato la tridimensionalità nella creazione dell’abito, per rendere le donne più libere.
L’ approccio nuovo di Madeline Vionnet
Il lavoro di Madeline Vionnet è fondamentale per lo sviluppo del concetto di moda, eppure il suo contributo è stato a lungo dimenticato. Solo negli ultimi cinquant’anni, a partire dalla valorizzazione negli anni ’70 di Diana Vreeland, ex editor in chief di Harper Bazaar e Vogue, ha ricevuto giusti riconoscimenti. Vionnet inizia a lavorare come apprendista sarta all’età di undici anni, nel 1887. A 23 si trasferisce a Londra, dove incontra la ballerina Isidora Duncan. La fluidità di movimento della donna, garantita dagli abiti in peplo che indossa, la lascia folgorata. Capisce di voler creare qualcosa che liberi le donne dalle costrizioni dell’abbigliamento dell’epoca: la stoffa deve cadere liberamente sul corpo, essere in armonia con esso. Ed è nella sartoria di Kate Reilly che inizia a sviluppare la tecnica del “taglio di sbieco”.

Dopo aver lavorato nell’atelier delle Sorelle Callot e poi in quello di Jacques Doucet, Vionnet si mette in proprio a Parigi. I primi abiti che crea non prevedono l’uso del corsetto, che lei stessa non porta, per non avere costrizioni. All’inizio teme che le sue creazioni possano non piacere a nessuno, se non a lei che le indossa per comodità e per non costipare le sue forme abbondanti. I suoi abiti tagliati di sbieco invece ben si adattano a ogni figura, il drappeggio è fatto per ogni singola cliente, per esaltarne le curve. Il suo lavoro è un successo. Dall’America accorrono clienti come Marlene Dietrich e Joan Crawford per aggiudicarsi le sue creazioni.
Materiali, tagli e logo
Vionnet non disegna mai (e non permette a nessuno di farlo), la creazione avviene solo con le dita, a contatto col tessuto. Elimina anche cuciture e cerniere, che sostituisce con i nodi. Non ci sono imbottiture a tenere in piedi il capo, esso prende vita solo quando è indossato dalla donna per cui è stato progettato. Ne consegue che la scelta del tessuto è di fondamentale importanza: è la famosa maison Bianchini-Férier a fornirle le stoffe. Quando il tessuto è direzionato di 45° rispetto alla trama e all’ordito, ossia in diagonale, prende il nome di “sbieco”. L’elasticità raggiunta è massima, così come la sua malleabilità, di modo che si adatti perfettamente a ogni corpo.

Il logo della maison è un peplo greco. A disegnarlo per la maison è Thayat, l’artista futurista inventore della tuta. Vionnet lo conosce durante un viaggio a Roma e i due collaboreranno tra il 1919 e il 1925.
La politica lavorativa di Madeleine Vionnet
Madeleine Vionnet non è solo una grandissima sarta, ma è anche un’ottima capa. Per le sue dipendenti, ben mille quando la maison raggiunge l’apice del successo, prevede confort e agi. Le donne possono infatti beneficiare di una cucina e di un refettorio all’interno dell’azienda, così come di una palestra, di un asilo e di un’infermeria. Madeleine le tratta come figlie, memore delle difficoltà che lei stessa aveva dovuto patire da giovane.
Interessante è anche che, per prima, Vionnet deposita il copyright dei suoi modelli (circa 600 all’anno), per evitare di essere plagiata. L’originalità del capo è certificata da un’etichetta che riporta la sua impronta digitale.
La maison oggi
La maison chiude i battenti con lo scoppio della seconda guerra mondiale e Vionnet decide di ritirarsi definitivamente dalla scena. Nel 1988 però il brand viene acquistato dai de Lummen, che scelgono come direttori artistici prima Sophia Kokosalaki, poi Marc Audibet e infine Gaetane Maze. Nel 2009 la proprietà è passata agli italiani Matteo Marzotto e Gianni Castiglioni. Ad oggi invece l’imprenditrice kazaka Gaga Ashkenazi controlla il marchio.
Se ti interessa la storia della moda leggi anche quella di Paul Poiret qui.