“Madonna che silenzio c’è stasera”. No, non è una nuova versione del film del grande Francesco Nuti. È lo scontato silenzio dei difensori dei diritti umani a senso unico. È il silenzio assordante di chi è sceso in piazza per l’egiziano Zaki ma non ha trovato il tempo per protestare contro la carcerazione di Assange. Il giornalista australiano colpevole di aver fatto il suo mestiere, svelando molte delle infinite malefatte del sistema di potere statunitense: stragi, menzogne, colpi di stato, omicidi.
Non a caso gli americani lo vogliono processare e condannare non per aver spacciato notizie false, ma per aver raccontato la verità scomoda. Non è neppure un tradimento, dal momento che Assange è australiano e non statunitense. Ma poco importa a Washington. Colpirne uno per educare tutti.
Ovviamente c’è poco da educare, in Italia. Tutti già perfettamente allineati agli ordini degli americani. Gli Usa non si toccano, le loro strategie non si mettono in dubbio, le loro guerre fanno bene anche quando massacrano civili disarmati. Tutti atlantisti della prima ora. Dunque Assange può marcire a vita in una galera americana o, bontà loro, in un carcere australiano.
Basta che non esca più, che non se ne parli più. Che non rappresenti un esempio a fronte del giornalismo all’italiana di Formigli, Gruber, Floris e Ranucci.
Ed allora la notizia del primo via libera inglese all’estradizione non finisce tra i titoli principali come qualsiasi indiscrezione – quasi sempre falsa – su Zaki. Bisogna evitare che qualcuno si indigni, bisogna evitare che qualcuno scenda in piazza a protestare contro i padroni di Oltremanica o di Oltreoceano. Perché bisogna mantenere il distanziamento, ovviamente, non per limitare la libertà di espressione. Perché il virus rispetta chi protesta contro l’Egitto, ma colpisce chi si lamenta di Washington e Londra.
Ma non ci sono rischi, in Italia. I difensori della libertà di stampa a senso unico sono impegnati nello shopping natalizio, anzi festivo perché “natalizio” non è rispettoso delle diversità. E poi fa freddo e la libertà di stampa non scalda quando è scomoda.
Perché è divertente fingere di entusiasmarsi per il Nobel per la pace assegnato ai giornalisti, casualmente di Russia e Filippine per condannare esplicitamente i governi dei due Paesi. Ma guai ad offrire un riconoscimento a chi si è schierato contro i crimini Usa. Silenzio dell’Ordine dei giornalisti, silenzio di tutti i partiti, di maggioranza e oppofinzione. Perché giocare ai dissidenti è divertente, ma sempre e soltanto all’interno del recinto disegnato dai padroni di Washington.