Crolla l’affluenza al voto in Catalogna, e precipita ai livelli italiani precedenti alla pandemia. Inevitabile, dopo le delusioni del voto per l’indipendenza e la repressione da parte di Madrid. Su cui, ovviamente, le anime belle di Bruxelles e Washington hanno sorvolato. Dunque indipendentisti delusi e vittoria della sinistra che sgoverna la Spagna? Macché: la delusione resta ma i tre partiti indipendentisti conquistano, complessivamente, la maggioranza assoluta.
Tanto per chiarire che l’aria non è cambiata di molto, a Barcellona. Non sarà comunque facile governare insieme poiché i 3 movimenti catalani hanno strategie differenti. Erc (sinistra repubblicana catalana che ha conquistato il 21,3%) è il gruppo più disponibile al dialogo con i socialisti spagnoli mentre Junts (20%) e Cup (Candidatura di unità popolare, 6,68%) non paiono voler fare passi indietro nelle richieste presentate a Madrid: liberazione dei prigionieri politici (in carcere da tempo, ma non si chiamano Navalny e nessuno si mobilita tra i nobili difensori dei diritti umani) e percorso verso l’autodeterminazione.

I socialisti (23%) tentano di inserirsi nelle differenze tra indipendentisti e propongono un accordo con Erc e Podemos (che ha ottenuto meno del 7%), in linea con quello realizzato per il governo spagnolo. Ma la prospettiva non piace all’ala più coerente di Erc. Dunque si procede per varare un esecutivo che continuerà a rappresentare un problema per Sanchez.
Ma i socialisti rilanciano proponendo uno scambio indecente: rinunciare alla liberazione dei detenuti politici, ed all’autodeterminazione in cambio di una maggior rapidità nel far affluire i soldi del Recovery fund. Piuttosto squallido, ma da Sanchez è difficile attendersi qualcosa di più corretto.

Sul fronte destro è da rilevare il buon risultato di Vox che entra nel parlamento catalano con 11 seggi grazie al 7,7% dei voti. Superando i liberali di Ciudadanos (5,57%) ed i Popolari ridotti al 3,85%.