Neve. Neve fitta, a grandi fiocchi, che si deposita su ogni cosa. Tutto copre come una spessa coltre. E tutto, proprio tutto, avvolge in quel silenzio irreale che sempre porta con sé.
Ed è neve reale. Non un sogno, una fantasia…e neppure un’illusione di nevischio misto a pioggia. È una vera nevicata che ci ha sorpresi appena desti. All’alba. Che è cominciata nella notte. E proseguito poi lungo tutta la mattina. Diventando più intensa. E trasformando il paesaggio in qualcosa di irreale. E di bellissimo.
Irreale perché siamo a primavera. Inizio Aprile. Ed una nevicata così, in questa stagione, non la si ricorda da tempo. Anzi non la si ricorda proprio, mi dice il Burbiz guardando dalla finestra le montagne. E aggiunge: non sembra neppure di essere qui, in Val dei Mocheni, ma, che so, in Finlandia, in Siberia…
Geografia immaginaria, certo. Ma che rende perfettamente il senso di meraviglia che stiamo provando. Meraviglia nel contemplare un paesaggio completamente trasfigurato dalla neve. Che sembra un’incredibile architettura di ghiaccio. Le montagne assumono sfumature diverse, perché ogni specie di alberi, a macchie, accoglie la neve in modo diverso. E questa, gelando, riflette la luce con diversi gradi di intensità… I larici hanno un tono di ghiaccio più evanescente. Sembrano presenze fantasmatiche. Ectoplasmi che aleggiano sopra la Valle. Gli abeti diventano guglie di cristallo, una pagoda o una cattedrale che emerge dalle nebbie di un passato remoto. Dimenticato. Come le città fantastiche e irreali dei racconti di Howard… Atlantide. Acheron.
E poi I lecci, cupi come giganti della Brina, che si ridestano dal sonno millenario, per andare all’assalto della nostra, fragile, Terra di Mezzo.

Sembra davvero di essere altrove. Mentre contemplo, in un silenzio così assoluto da essere incanto, la neve che continua a scendere a larghe falde, mi sembra, quasi, di sentire una…musica. Il Tema di Lara, romantico e struggente come nessun altro. Dal film “Il dottor Zivago” ispirato al capolavoro di Pasternak. La lunga sequenza di Zivago e Lara isolati dal mondo e dalla storia con le sue vicende tormentose. In un’isba in mezzo al deserto di ghiaccio e neve. Soli. Che guardano dalla finestra un
tempo sospeso. Infinito, in fondo.
Ma questa è Valle dei Mocheni. Sopra l’altopiano di Baselga. La Valle Stregata, come l’ha definita Musil. Che la conobbe durante la Grande Guerra.
Luogo stregato davvero. Perché quando la conosci ti porta via una parte dell’anima. È come se qualcosa di te restasse per sempre qui. Un incantesimo. Che diventa, poi, una strana, incurabile, nostalgia. Perché ti resta il sentimento che qui potresti davvero essere…felice.
Il Burbiz ci chiama dentro. Sulla tavola, fumanti, i kropfen. Che solo qui puoi gustare. Dei tortelli. Ma dal sapore indescrivibile. E dalla ricetta segreta, come quella di un procedimento alchemico.
E poi il cervo. Il goulash. La polenta che è sul fuoco nella pentola di rame. La poderosa Treccia Mochena, un dolce. Gesti antichi. Gesti, sapori, immagini che ti riportano in un’armonia perduta.
Domani si torna in città. Alla solita vita. Ma intanto… Guardo ancora fuori. E dico
Qui, tutto, è bellezza.