Un nuovo film su Maigret, leggo. Dicono un grande film. Anche perché il protagonista viene interpretato da Gerard Depardieu. Un gigante del cinema francese. Che è già stato un fantasmagorico Porthos ne “I tre Moschettieri”. E un Conte di Montecristo impareggiabile. Nonostante il fisico non lo aiutasse…
Cosa che, invece, non sarà certo un ostacolo in questo ultimo cimento. Il Commissario della Sûreté è corpulento, pesante. Lento e sonnacchioso. Un personaggio che a Depardieu dovrebbe calzare come un guanto.
Maigret, però, è personaggio difficile. Un attore grandissimo, come Jan Gabin, fallì. Bravo era bravo, certo. Ma non era Maigret. E George Simenon lo disse chiaro. Affermando che il vero volto di Maigret era quello del nostro Gino Cervi. Gabin se la prese a male. Ma Simenon aveva ragione. Lui era un grande attore che interpretava una parte. Una delle tante. Cervi era Maigret.
Cervi era pressoché perfetto. Aveva persino imparato a fumare davvero la pipa (Gabin la teneva in mano, con un certo imbarazzo), mangiava e beveva di gusto… Altro che le chiacchere dell’Actor Studios, del metodo Stanislavsky…
Lui non recitava Maigret. Lo incarnava. Punto e basta.
Perché il personaggio uscito dalla penna di Simenon, è uno di quelli che vivono una vita propria. Che va ben oltre quella del loro autore
Una vita fantasmatica. Sono fantasmi, che vagano alla ricerca di un corpo. Di membra e di una voce… come i sei personaggi di Pirandello. O come il protagonista di “Nìvola”, di Miguel de Unamuno.
Non accade sempre. E, quando accade, non è necessariamente con i grandi capolavori della letteratura. Anzi…
Il fatto è che vi sono personaggi che assumono, sin dall’inizio, una vita propria. Che fanno sparire, agli occhi del lettore, anche l’ombra dell’autore che li ha…inventati. Parola cara al Manzoni, che era convinto che il narratore non creasse dal nulla personaggi e storie. Piuttosto li…invenisse. Ovvero li trovasse già formati… dove? Nella mente di Dio, pensava, da buon cristiano, don Lisànder… comunque in un altrove dove tutto è già stato scritto. Tutti i personaggi sussistono. In attesa che lo scrittore li evochi. E incarni con la parola. Che è, per eccellenza, atto creativo. Ciò che dà la vita. E su questo, basta leggere il Vangelo di Giovanni…
Harold Bloom, finissimo ingegno critico, diceva che proprio in questa capacità di svanire dietro ai personaggi sta il genio di Shakespeare. Opposto a quello di Dante. Che è sempre lui, sempre presente in ogni verso. In ogni parola.
E, in effetti, Hamlet, Caterina la bisbetica, Falstaff hanno vita che va ben oltre quella, effimera del Bardo.
Ed è così per alcune figure sorte dalla letteratura, diciamo, popolare. Per certi versi commerciale. Perché Simenon scriveva per mangiare. Con una frenesia che ricordava, e superava, quella di Balzac. E persino di uno dei classici del Romanzo d’appendice, Ponson du Terraille, quello di Rocambole, capace di lavorare a più opere contemporaneamente.
Simenon arrivò a scrivere un romanzo completo in un giorno. Per scommessa. In vetrina. Ed era un buon lavoro comunque.
Ha dato vita, o meglio incarnato Maigret. Che, forse, gli fu ispirato da un Commissario incontrato quando, poco più che ragazzo, faceva il cronista di nera. A Parigi.
Ma, in realtà, credo conti ben poco.
Maigret esisteva già prima. In un certo senso da…sempre
Non è un detective genio, come Sherlock Holmes e la sua discendenza. Che annovera Philo Vance, Poirot, Nero Wolfe…
È un uomo semplice. Ma dotato di una forte empatia. Capace di sentire, quasi fisicamente, direi annusare gli ambienti. E le persone che incontra. Si aggira, prevalentemente, in una Parigi notturna, avvolta da brume. Con incursioni in altri luoghi, lungo i fiumi, in porti nebbiosi…
Non combatte criminali incalliti, geni del male. Piuttosto, indaga l’animo umano, le sue debolezze. La sua fragilità. E lo comprende. Anzi, compatisce, nel senso etimologico del termine.
Il pesante cappotto, il cappello. La vecchia stufa di ghisa nell’ufficio. E, soprattutto, la pipa. Che stringe perennemente fra i denti. Fumando, a lente e pensose boccate, un tabacco nero. Forte. Il caporal gree… Il tabacco più popolare, lo stesso che sto fumando, lentamente, nella mia vecchia Ropp. Dritta, lunga, dal fornello capiente. La stessa pipa che fuma il Commissario. E che viene, convenzionalmente, chiamata proprio Maigret…