Manager o consulenti? L’unica certezza è che è finita l’epoca del padrone che decide in quanto proprietario, anche senza avere competenze specifiche nelle questioni in cui pretende di intervenire. È finita l’epoca del padrone che rifiuta manager e consulenti poiché rappresentano un costo. Perché gli investimenti, per un padronato di questo genere, sono solo costi da evitare sempre e comunque. Salvo, poi, lamentarsi perché la produttività non cresce, scaricando la colpa sui lavoratori.
Il problema, soprattutto in Italia, è che troppi imprenditori non hanno capito che l’epoca della proprietà che gestisce tutto è terminata. “Così colui, del colpo non accorto, | Andava combattendo ed era morto”. La paternità dei versi non è certa: Berni, Boiardo, forse Ariosto secondo alcune ipotesi. Ma il concetto è chiarissimo.
Ma se non ci sono dubbi su chi è morto, maggiori incertezze riguardano i protagonisti del futuro lavorativo. Manager o consulenti? Probabilmente entrambi, ma con un fortissimo sviluppo delle società di consulenza. Soprattutto quelle globali. Globali sia nel senso geografico – dunque in grado di operare in ogni Paese – sia nella capacità di affrontare i più diversi problemi.
Perché il manager, per sua stessa natura, ha competenze specifiche. Bravissimo in questioni finanziarie, oppure esperto in aspetti ingegneristici, magari profondo conoscitore del mercato vitivinicolo o di quello della componentistica auto. Ma è praticamente impossibile trovare il super esperto che conosca tutti gli aspetti legati alle attività di un gruppo industriale o commerciale che opera su più mercati.
Dunque si tratta di decidere se puntare sull’assunzione di più manager, con i costi legati ad un rapporto di lavoro interno moltiplicati per ogni settore affidato al rispettivo responsabile; oppure se scegliere di rivolgersi a società esterne di consulenza che abbiano una rete di professionisti in grado di spaziare dagli aspetti legali al marketing, dalla conoscenza dei cambiamenti geopolitici alla comunicazione, passando per l’approvvigionamento delle materie prime e la selezione del personale.
Nel primo caso si preferisce una crescita interna, ma con la consapevolezza che il manager ha sempre l’opportunità di guardarsi intorno e di accettare altre offerte più vantaggiose economicamente o sotto l’aspetto della carriera o, sempre più spesso, più interessanti per la collocazione in città e territori più attraenti per svariati motivi (sicurezza, scuole per i figli, iniziative culturali, paesaggio, qualità complessiva della vita). Però la presenza fisica e continua del manager può far crescere professionalità a lui vicine. Con i limiti, tuttavia, della specializzazione e della mancanza di altre competenze.
Nel secondo caso, invece, la difficoltà maggiore consiste nella scelta iniziale del gruppo di consulenti. Non tutti gli imprenditori hanno le capacità per una valutazione adeguata. Dopodiché sarà la professionalità dei singoli consulenti e la capacità di lavorare in gruppo a dover superare le diffidenze che, quasi inevitabilmente, sorgeranno in azienda. Le figure interne si vedranno scavalcate da quelle esterne, pur nella consapevolezza che si tratta di una situazione temporanea. Ma anche il proprietario deve imparare a fidarsi, a seguire consigli ed indicazioni senza pensare sempre che il consulente potrebbe cedere alla concorrenza ogni informazione raccolta in azienda.
Problemi di mentalità, di cattive abitudini, di timori mai superati.
Quanto ai consulenti, è evidente che dovranno puntare sulla qualità assoluta, sull’aggiornamento continuo per essere sempre competitivi in uno scenario caratterizzato da una fortissima concorrenza. Ma questo farà bene a tutti.