Carnevale è andato…. nel silenzio e nell’oblio. Di maschere se ne sono viste davvero poche. Qualche gruppetto di bambini nei pochi parchi aperti. Più che altro bimbi dell’asilo. O delle elementari, chè già alle medie è stata tassativamente proibita ogni parvenza di festa. Regole anti Covid, dicono. Regole che, evidentemente, devono imporre la tristezza e il grigiore. Perché, forse, il virus utilizza come veicolo privilegiato di diffusione proprio l’allegria… O forse perché la gente allegra è libera. Non facile da condizionare e schiavizzare… Non per nulla i giullari si permettevano di sfottere i principi…
Ma lasciamo perdere. Torniamo, invece, a parlare di maschere…
Ancora? Ma siamo in Quaresima, l’hai detto tu… O non vorrai di nuovo attaccare l’infinita geremiade sulle mascherine anti Covid…. Per carità!
Tranquilli. Me lo dico probabilmente da solo, visto che non so se per davvero qualcuno legga questi pezzulli…. anche se Augusto continua a dirmi di mandarli…
Comunque, tranquilli. Di quelle cose, orrende e disgustose, ho parlato sin troppo. E sono stanco. Tanto serve a ben poco… Il nuovo Drago di governo potrà anche invertire la narrazione corrente, far sparire, da abile prestigiatore, DPCM ed altre carabattole…. Ma quest’anno ha irrimediabilmente inciso sul carattere degli italiani. In tanti, in troppi sono, in fondo, appagati e solleticati dalla loro paura. Ci stanno bene dentro. E continueranno a lungo a non avvicinarsi agli altri, a salutarsi con ridicoli sfregamenti di gomiti. A bardarsi con visiere e mascherine…

Comunque, parlando di maschere di Quaresima non stavo neppure pensando al rito Ambrosiano. Per il quale Carnevale continua sino a domenica… Antico privilegio che si fa risalire proprio ad una leggenda sul grande Sant’Ambrogio. Per attendere il suo ritorno da un viaggio, i buoni milanesi avrebbero infatti prolungato il Carnevale… Non volevano celebrare le Ceneri senza il loro amato vescovo….
No. Io stavo pensando a un quadro. Che, tanto per cambiare, si trova a Vienna. Al Kunsthistorische Museum. Un quadro di Pieter Bruegel il Vecchio.
“La battaglia fra Carnevale e Quaresima”. Una tela enorme. Impressionante, ve lo garantisco, perché fortissima fu l’impressione che mi fece in quel, nevoso, mattino di Dicembre di tanti, troppi anni fa. E che si è ripetuta ogni volta che, con lo scorrere del tempo, sono tornato a contemplarlo. Con occhi, inevitabilmente, diversi. Ma con il medesimo stupore…
Un affollarsi di figure in uno scenario architettonico fiammingo. Già sospeso tra le linee pure del tardo rinascimento e un barocco nordico che profuma di gotico. L’osteria con gente che mangia a crepapancia, beve smodatamente, ride. Gioca… La chiesa, con i fedeli che escono , i mendicanti, il ricco ipocrita che concede l’elemosina… i colori cupi della penitenza….
Un contrasto forte, che – chissà perché? – Mi ricorda “Fanny ed Alexander” di Bergman. Antitesi tra la sontuosa, luminosa, allegra festa di Natale, e la cupa dimora del pastore protestante. Antitesi di colori, prima ancora che di forme. Come in Bruegel, appunto…

Al centro, Il Carnevale, grasso, obeso. Con uno spiedo su cui fanno bella mostra grassi polli e capponi arrosto. E di faccia la Quaresima. Una donnetta magra e segaligna. Su una specie di forca, due aringhe… che, per inciso, dalle mie parti, con contorno di polenta, erano proprio il piatto delle Ceneri…
Apparentemente un’allegoria di facile decifrazione, come, in genere, sono quelle che compaiono nel tardo cinquecento e nel secolo che gli subentra. Io non sono un esperto di iconologia, ma se qualcuno volesse approfondire, può sempre ricorrere all’ausilio del buon Cesare Ripa…
Quindi non intendo procedere a chissà che analisi dell’opera… Solo raccontare delle… impressioni.
Perché la sensazione che ho provato, ogni qualvolta i miei occhi si sono posati su questa tela del Bruegel, è stata… di trovarmi di fronte ad una, grandiosa, mascherata.
E non solo perché c’è quel Carnevale con il pancione e i crapuloni.. Ma anche, anzi ancor di più, per la magra Quaresima, i mendichi questuanti. L’ipocrisia che si lava l’anima con un paio di monete…

Perché anche queste sono null’altro che maschere. Maschere tristi, certo. Maschere di Quaresima. Ma le maschere non rappresentano solo l’allegria, la festa, la gioia. Sono, anche, proiezione dell’opposto. Antitesi. Sofferenza. Miseria. Tormento.
Tuttavia la sostanza non cambia. E Bruegel ci racconta l’apparenza della vita. Che è, tutta, soltanto una continua mascherata. Dove muta la superficie. Quella che vediamo e che chiamiamo “vita”.
Dietro, però, c’è altro. Profondità, abissi insondabili. O forse quel vuoto, di cui parla Pirandello con il suo squarcio nel cielo di cartone del teatro dei pupi…
1 commento
Oggi ho letto questo articolo e il nome di chi lo ha scritto e scrivo in risposta a quella breve riflessione sulla “solitudine”di chi scrive.Il tuo “monologo” ha raggiunto me, incontro nient’affatto scontato e prevedibile.Certo,sono niente,dunque per te né consolazione né soddisfazione, eppure oggi le tue parole sono áncora,per me,ancóra salvezza per passare un’altra nottata che la stessa vita è.
E, la mia salvezza, forse può darti, di riflesso, una qualche ragione in più per scrivere,ancora.