Vi è un film, ormai un vecchio film, che mi torna in mente sempre a Carnevale. Un film di Nino Manfredi, attore, ma anche regista e sceneggiatore. Che viene etichettato come commedia. Ma che, nella mia memoria è ben altra cosa. Inquietante, oserei dire.
Non lo ridanno da moltissimi anni. È dell’inizio degli anni ’80, ed anche allora ebbe ben poco successo. Peccato. Perché avrebbe meritato molto di più. Per tante ragioni. L’ atmosfera del Carnevale, magica e sospesa. La trama fantastica. Una Venezia onirica ripresa con rara maestria. E una stupenda Eleonora Giorgi. Il cui corpo nudo, immobile, disteso su un letto, di schiena, i capelli d’oro sciolti…stupendo, insomma, mi è restato inciso nella memoria. E il film si intitola, appunto, “Nudo di Donna”.
Mi immagino già i commenti maligni di qualcuno… No, non sono velleità senili, o nostalgie di…orizzonti perduti. È che quel film, non ha nulla di sessuale. Ma è di una sensualità senza limiti. Il corpo della Donna è solo un… quadro. Un dipinto misterioso intorno al quale si sviluppa una commedia delle maschere. Chi è quella Donna nel ritratto? Perché di un ritratto si tratta. Ma senza volto. Solo il nudo di schiena. Oggi si usa chiamarlo il Lato B. Per evitare la volgarità di dire…eppure a me sembra espressione ben più volgare, squallida.
A me viene in mente il Nudo di Donna visto di schiena. Di Auguste Renoir. Sublimazione della bellezza femminile. Tanto più seducente perché il volto resta celato. Sono convinto che Manfredi lo avesse in mente, quando volle così la Giorgi. In un fotogramma di astratta bellezza. Altro che il Lato B….
Comunque la Donna è priva di volto. O meglio ne ha molti. Laura, la seria libraia. Rirì, la prostituta. E poi la maschera allegra e giocosa della Cocotte, nella grande festa di Carnevale in Piazza San Marco. Che, forse, non è nessuna delle due. Ma le riassume entrambe

Non racconto il film. È altro, al solito, che mi interessa. Il gioco delle maschere che vi è sotteso. E la complessità dell’essere femminile. Che rappresenta, per l’uomo, la prova. O meglio la sfida. Perché il femminile, più esattamente il Femmino Eterno, come lo chiama Goethe negli ultimi versi del Faust, è un prisma dai molti volti. Spesso antitetici. Un prisma nel quale l’uomo si specchia. Per lo più inconsapevole. E però vuole vedere solo quei volti che corrispondono ai suoi desideri. E questo lo rende incapace di amare la Donna. Perché, in realtà, ama solo se stesso.
Di qui la solitudine. Di qui i continui fallimenti di amori che, al loro sorgere, davano l’illusione di essere eterni. O, per lo meno, solidi e durevoli.
È la ragione dell’inquietudine profonda che attraversa il nostro tempo. E, a ben vedere, della confusione di ruoli, oggi elevata a ideologia.
Perché, certo, la Donna, il Femminino, è mutevole. E le sue contraddizioni possono apparire ed essere spiazzanti. Ma è l’uomo ad essere, in realtà, incapace di vedere. Di vedere oltre se stesso. Vuole la moglie seria e fedele. Vuole la prostituta. Vuole, come Manfredi nel film, senza riuscire a capire, ed accettare la complessità.
Che è poi la complessità della vita, che non può essere solo ragione. Come non può essere istinto soltanto. Per non parlare di interessi ancora meno nobili.
Vi è la testa. Ma vi è anche il sangue, la pancia, il cuore… L’incapacità di sapere fare una sintesi, o anche solo di riconoscerla, causa, sempre, la fine. Degli amori. Che non riescono ad essere Amore.
Forse, l’unica chiave del mistero, è contemplare la bellezza. Che è in sé perfezione. Spirituale attraverso la forma corporea. Il nudo di Renoir. E, a ben pensarci, anche quello della Giorgi nel film di Manfredi. Anche se so che, a questo punto, il Direttore si farà matte risate.

E, forse, mi dirà: ma che ti sogni? E poi San Valentino era ieri…
Vero. Ma questo è un pezzo sulle maschere del femminile. E siamo in Carnevale…
E poi, oggi, è San Faustino. La Festa dei Single, mi dicono.
Beh ho tentato di spiegare perché, in fondo, siamo tutti single. Tutti, irrimediabilmente, soli…