Un ruolo poliedrico quello di Maurizio Costanzo, giornalista, regista, conduttore televisivo, autore di testi musicali e sceneggiatore. Lui ha visto cambiare l’Italia e l’ha raccontata. Con il suo lavoro di giornalista è stato parte integrante di questo cambiamento, sotto il profilo culturale e sociale. Ha iniziato in radio e sulla carta stampata, poi è arrivata la sua consacrazione in tv.
L’impegno civile è una delle costanti nell’attività di Costanzo, come ha ricordato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma la morte di Maurizio Costanzo, mette inevitabilmente in risalto il suo impegno politico tra luci ed ombre. Un’attività politica non sempre trasparente, che lo vede coinvolto nella lista degli appartenenti alla loggia massonica denominata “P2″ di Licio Gelli. Una lista con finalità eversive nei confronti dell’ordinamento democratico, rinvenuta nel 1981 che conteneva 982 membri, di cui 44 parlamentari, 2 ministri, magistrati, dirigenti dei servizi segreti, imprenditori e giornalisti, tra i quali, appunto, lo stesso Maurizio Costanzo.
Negli anni seguenti, tra l’altro, si scoprì il coinvolgimento, ipotizzato solo in tempi recenti dalla magistratura, di Gelli nella strage della Stazione di Bologna. Inizialmente Costanzo negò l’appartenenza alla loggia, ma poi in un’intervista su Repubblica di Giampaolo Pansa, fu costretto ad ammettere la sua iscrizione alla P2. Al giornalista dichiarò che fu presentato a Gelli da Fabrizio Trecca, suo medico personale, capo dell’organizzazione P2 del Lazio.
Il conduttore dichiarò di essere stato superficiale a causa della giovane età, bollando la questione come il più grande errore della sua vita. All’epoca della lista della P2, Costanzo stava dirigendo il nuovo quotidiano popolare “L’Occhio” fondato nel 1979, dal quale si dimise nel 1981. Le sorti del giornale, nonostante la grande tiratura, furono travolte anche in seguito alle vicissitudini giudiziarie dell’editore Angelo Rizzoli, legate sempre allo scandalo della P2.
Lo scandalo della Loggia danneggiò tante personalità importanti, portando alle dimissioni del Primo Ministro Arnaldo Forlani, al suo posto fu eletto Giovanni Spadolini, del Partito Repubblicano, che divenne così il primo Presidente del Consiglio non appartenente alla Democrazia Cristiana. Sandro Pertini commentò la vicenda: “Nessuno può negare che la P2 sia un’associazione a delinquere”.
Il re del talk show riuscì a riscattare la sua immagine negli anni novanta. Il noto conduttore fu sempre in prima linea, con il giudice e amico Giovanni Falcone, nella lotta alla mafia. Il 26 settembre 1991, un mese dopo l’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi (che fu ucciso da Cosa nostra per non aver voluto pagare il pizzo) Costanzo e Michele Santoro organizzarono una maratona tv contro la mafia andata in onda in contemporanea sulle reti Rai e Fininvest, con la diretta di Samarcanda di Santoro dal teatro Biondo di Palermo e del Maurizio Costanzo Show dal teatro Parioli di Roma. In quella trasmissione Costanzo bruciò in diretta una maglietta con scritto “Mafia made in Italy”. Questo gesto, probabilmente, gli fece sfiorare la morte in un attentato mafioso il 14 maggio del 1993. Con il senno di poi, sospetta fu la prima apparizione sulla tv nazionale di Totò Cuffaro, all’epoca deputato regionale, successivamente governatore della Sicilia e condannato in via definitiva per favoreggiamento a Cosa Nostra. Cuffaro durante la diretta si scagliò con veemenza contro conduttori ed intervistati, parlando anche di “giornalismo mafioso“.