Sta per aprirsi a Roma, il 28 settembre prossimo, nella Casa Museo di Goethe in via del Corso, una personale dedicata a “Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia”. Si tratta di un omaggio curato da Gregor Lersch nei confronti di una figura estremamente eclettica, avvocato ancor prima di diventare artista, irrequieto pensatore e protagonista di molti circoli di avanguardia degli anni Venti. Egli, infatti, mosse i suoi primi passi artistici in uno dei templi della storia dell’arte del Novecento, il Bauhaus, scuola di arti e design fondata da Walter Gropius a Weimar, nel 1919, poi trasferita a Dessau e infine a Berlino, dove venne chiusa nel ’33 invisa al nazismo.
Max Peiffer oltre a dipingere sotto l’influsso di Klee, fu un fotografo molto originale, impegnato nel ritratto di uomini travestiti da donne, spesso in pose di bruciante passione omosessuale.
Durante il nazionalsocialismo fu esposta una sua opera nella mostra dal titolo “Arte degenerata” del 1937. Diversi furono i suoi viaggi in Italia, dove rimase a vivere dopo il 1945.
La mostra segue le tracce delle ispirazioni del Bauhaus nel lavoro di pittura e fotografia dell’artista. Watenphul ebbe molti contatti con altri importanti artisti del tempo, come testimoniano le opere provenienti dalla sua collezione privata, tra le quali quelle di Otto Dix e Alexej von Jawlensky.
La mostra alla Casa di Goethe è un interessante focus sulle amicizie e relazioni che si sono intrecciate nel corso dei decenni, nei vari circoli tedeschi d’avanguardia e nelle aule e laboratori del Bauhaus, tra cui quello della tessitura, a cui Max volle avere libero accesso
Tra i pezzi provenienti dalla collezione Peiffer Waterphul in mostra figurano una “Veduta da una finestra” del 1925, firmata Oskar Schlemmer e una “Testa del ballerino Sacharoff”, dipinto nel 1913 da Alexej von Jawlensky, e un ritratto a matita dello stesso Max vergato da Otto Dix.
La Testa del ballerino ucraino ritrae il celebre danzatore Sacharoff, a Monaco nel 1905, famoso per lo stile antiaccademico e la mise che ne accentuava l’aspetto androgino.
Instancabile viaggiatore, Max Peiffer già dagli anni Venti fu protagonista di numerosi traslochi e si conoscono i suoi soggiorni tra Francia, Spagna, Marocco, Messico, Libano, Jugoslavia, Grecia e l’isola di Corfù dove trascorse lunghi periodi. Fu ospite a Roma per nove mesi dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo. Nel 1946 , in seguito al matrimonio della sorella con un ingegnere italiano, la raggiunse a Venezia dove trascorse lunghi periodi e dove poté conoscere Peggy Guggenheim e il pittore Zoran Music, partecipando poi alla Biennale del ’48, che rappresentò la ripartenza dopo la pausa bellica.
La sua arte andava modificandosi, l’irrequietezza degli anni iniziali si andava incanalando in un percorso quasi idilliaco piuttosto divergente dai canoni espressionistici. Lo testimoniano le sue vedute di Roma e Venezia, testimonianze di un fine cromatismo.
La mostra ospitata a Roma nella Casa di Goethe propone 32 dipinti e tredici fotografie e ha il merito di riproporre un nome poco noto ma molto originale.
“L’iniziativa espositiva – afferma il curatore Gregor Lersch, vuole presentare una prospettiva artistica insolita del XX secolo, creatasi tra Germania e Italia, per dirigere il nostro sguardo verso sviluppi del modernismo ormai dimenticati”.
La mostra dal titolo “Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia” rimarrà aperta a Casa Goethe dal 28 settembre al 10 marzo prossimi in via del Corso 18, a Roma.
Orario martedì domenica 10-18
Catalogo bilingue italiano tedesco Electa.