Tra le condizioni da rispettare affinché Torino possa giovare del finanziamento governativo straordinario di 70 milioni di euro, stanziati per risanare le casse del Comune, la più discussa è sicuramente quella che riguarda l’aumento dell’aliquota Irpef, che non riguarderà tutta la cittadinanza ma soltanto coloro che guadagnano più di 120mila euro in un anno.
L’aliquota prevedrà un aumento dello 0,15% per tutti i torinesi che avranno un guadagno annuale compreso tra i 28 e i 50mila euro; l’aumento, invece, per chi ha un reddito superiore a 50mila euro sarà dello 0,25%. Sulla carta, i cambiamenti sono – seppur di modesta entità – certi per ogni lavoratore, non comporteranno alcuna differenza per tutti coloro che guadagnano fino a 120mila euro.
Le giustificazioni di Lo Russo sono state queste:”Come Città di Torino ci impegniamo nella politica di risanamento dei conti attraverso un contributo di solidarietà che chiederemo ai torinesi più ricchi attraverso un aumento dell’addizionale comunale Irpef sulle fasce di reddito più elevate; ci impegniamo a un recupero dell’evasione e a una valorizzazione e riorganizzazione del Comune che possa ottimizzare l’efficienza dei servizi andando nell’ottica del risparmio”.
Ma il sindaco Lo Russo rassicura, gli aumenti saranno compensati dalla riduzione delle tasse nazionali. Su 630mila contribuenti torinesi, saranno solo 12.500 quelli che si troveranno a pagare. Chi ha un reddito di 200mila euro pagherà per esempio circa 230 euro in più. Una decisione dettata da una serie di linee di indirizzo approvate dalla giunta nel pomeriggio con una delibera, che nasce da un patto con il governo: per ogni euro che il Comune trova il modo di mettere in cassa, lo Stato ce ne metterà altri quattro. Lo Russo si difende sostenendo che la scelta della giunta servirebbe a salvaguardare le fasce più deboli.