Mercatini. Mercatini di Natale. Siamo solo a metà metà novembre, eppure, qui, sono già iniziati. E l’atmosfera è quella, magica, del periodo d’Avvento.
La piazza è dominata da un Grande Abete. Una cascata di luci d’oro che scintillano.
E tutto intorno, casette di legno. Bottegucce improbabili. Vendono le cose più strane…anche se hai l’impressione che, più che vendere, le espongano. Fanno colore. Decorano, quanto e più delle luminarie sopra i tetti di legno. E di quelle, grandi stelle scintillanti, lungo tutte le vie principali. Che poi sono tre strade sole, che convergono, sempre, nella piazza.
Certo. I mercatini di Natale sono un’attività economica. E non secondaria in paesi come questo. Portano un indotto importante, in crescendo per quasi due mesi. Da San Martino all’Epifania..
Però non riesco a liberarmi da una strana sensazione. Da una domanda che mi frulla, vaga, in capo. Chi può davvero guadagnare, e quanto, con cose, difficile dire merci, come queste?
Berretti, con il fiocco e senza. Di lana, lavorati a maglia. Multicolori, ma con una prevalenza di rosso e di bianco. E con disegni. Renne, folletti, abeti. Qualche Babbo Natale stilizzato..
E sciarpe, sugli stessi toni e motivi. Agrifogli e campanelle, palloncini, ghirlande…
E calzettoni. Spessi. Di lana grezza. Di tutte le taglie e fogge. I più grandi, più che da infilare ai piedi nelle sere di gelo, da appendere al camino la Vigilia. Sempre che si abbia un camino… altrimenti, qualcosa ci si inventa. In fondo, nei film della Disney, Santa Claus crea per magia un camino per cui scendere. Anche dove non c’è. Sostituito da termosifoni. Beh… è la magia del Natale… E come dico a mio figlio, o ci si crede totalmente, o si nega con altrettanta decisione. Però, non sarà razionale….ma è meglio crederci. Non costa nulla e, male che vada, ti regala poesia e sogni. E fantasia. Non è poco…
Un altro banco di chincaglieria. Collanine, orecchini, spille , bracciali, dalle fogge più strane. I più sembrano di ferro battuto o fuso (improbabile, naturalmente) come se fossero usciti dalle fucine sotterranee degli gnomi…
E, ovviamente capanne con decorazioni di natale. Ghirlande verdi, screziate di bianco, con pigne, nastri e bacche rosse… addobbi per l’albero. Non solo palloncini di vetro – ormai relitti di un remoto passato – ma decorazioni in legno, in panno. Gnomi e folletti di stoffa. Babbi Natale, naturalmente, di tutte le dimensioni. E con abiti di foggia e colore diverso. Verde, come sembra fosse all’origine. Bianco e oro, come il Nonno Inverno, Dado Kolieda, delle leggende e tradizioni slave orientali. E tutti i toni del rosso. Dal carminio al sangue cupo.
E naturalmente capanne gastronomiche. Una dove un donnino magro magro, vende burro, formaggi, ricotta di sua produzione. Parlando in una lingua stranissima. Dialetto, certo….ma così stretto che, mi accorgo, risulta alieno anche ai locali.
Poi i dolciumi. Croccanti, mandorle pralinate, caramelle gommose, rotelle e bastoncini di liquirizia, praline, gelatine… E, poi, i mandorlati, i trionfi di frutta di marzapane, i dolcetti in pasta di mandorle… quello che, per i bambini di un tempo, era il sogno di Natale. E, qui, prima, della Notte di Santa Lucia. Notte di doni. E soprattutto di fantastici dolciumi, che si vedevano di rado durante l’anno. E, ancora meno spesso, si potevano assaporare.
Ma oggi i bambini quasi non sostano più davanti alla casetta delle dolci delizie.
Saturi di merendine, di cibo spazzatura, di dolcificanti chimici, di confezioni industriali di varie forme, non provano più alcun senso di incanto davanti a confetti e caramelle, bastoncini di zucchero e frutta disidratata.
Davanti alla casetta infatti sostano, per lo più, persone anziane. O di mezza età. Nei loro sguardi, la memoria di sapori perduti. La memoria dei Natali passati. Come il primo fantasma di Dickens….
E poi…e poi siamo in Trentino. Casette da cui viene il profumo di luganega, di crauti, di wurstel, di goulash…e birra. E vino, prosecco e Trentino doc. E, poi, imnancabile, il vin brulé. Con la sua versione analcolica, con il succo di mela…
Non sarebbe Natale, non sarebbero le feste senza questa bevanda. Che è, di per se stessa, tradizione.
Perché, certo, i cibi, i dolci soprattutto, sono tradizione. E qui, per le Feste natalizie vi è lo Zelten, lo Strudel, e anche la Treccia mochena. Ma la bevanda ha un ruolo ancora più rilevante. Fondamentale.
In Inghilterra, America, mondo anglosassone vi è l’Eggnog. Rum o wisky, latte, uova, zucchero, caramello, noce moscata… servito bollente. E poi il sidro Inglese e, in Germania, la Birra di Natale, bollente. Lo Julmust svedese….
Sono, in fondo, ciò che resta delle bevande rituali del Solstizio. Con cui si invocava il Sole. Per questo dovevano, rigorosamente, essere calde. E contenere spezie e pezzi di frutta…
“Insomma…ci sei riuscito alla fine…” Mi dice al telefono. E la sua voce ride…
A fare cosa?
“A prendere Il Polar Express…e trasferirti lì. Nel paese di Babbo Natale…” E ora ride davvero…
“Sei felice. È il tuo sogno da bambino che si è realizzato… cosa ti manca ormai?”
Beh, qualcosa mi manca, ancora. Ma ho speranza nel futuro…
Non lo vedo. Ma mi sembra che ora il riso sia diventato sorriso…