La disputa sul ruolo di potenza regionale nel subcontinente sudamericano tra Brasile e Argentina risale almeno all’inizio del Novecento.
Le vicissitudini politiche e perfino quelle sportive vissute nel Secolo breve e dall’inizio del nuovo millennio non hanno ridotto l’enorme rivalità tra il gigante lusitano e la nazione più a sud dell’America latina.
Il cambio di governo con l’insediamento di Alberto Fernández alla Casa Rosada ha aumentato i dissidi con l’esecutivo di Brasilia guidato dall’ultraliberista filostatunitense Jair Bolsonaro. In seguito ai primi cambi di rotta di Buenos Aires in politica estera, con la riapertura del dialogo verso il Venezuela bolivariano e la concessione dell’asilo politico all’ex presidente boliviano Evo Morales, gli screzi con il presidente verde-oro si stanno ora spostando sul versante economico.
Argentina e Brasile condividono, infatti, l’adesione nel Mercosur (Mercado Común del Sur) insieme ai più piccoli stati di Uruguay e Paraguay. L’estromissione dal mercato comune dell’America meridionale del Venezuela, sospeso nel 2017, pone il governo albiceleste in minoranza rispetto all’indirizzo voluto dagli altri tre membri, guidati tutti da governi di stampo liberale.
I trattati costitutivi del Mercosur non consentono, però, di prendere decisioni a maggioranza ma obbligano gli Stati membri a decidere all’unanimità riguardo i trattati commerciali da siglare con Paesi terzi. Questo sta permettendo a Fernández di gestire secondo il proprio indirizzo strategico il futuro dell’organizzazione bloccando i negoziati intrapresi con Corea del Sud, Singapore, India, Libano e Canada senza venir meno agli impegni presi, durante il precedente governo di Mauricio Macri, con l’Unione Europea.
L’intenzione di Fernández è quella di preservare il ruolo dell’industria nazionale in una fase che si preannuncia delicatissima per la stipula dell’accordo di rinegoziazione del debito che potrebbe causare un nuovo default.
Ad uscire sconfitto, in sede regionale, sarebbe così il governo di destra di Bolsonaro che negli accordi commerciali vorrebbe un’apertura totale al libero mercato seguendo le direttive della Scuola di Chicago tanto cara al ministro dell’Economia Paulo Guedes ma, soprattutto, un rilancio immediato dell’economia del Paese alle prese con fratture sempre più evidenti fra le varie anime dell’esecutivo e il rischio concreto di impeachment verso un presidente ritenuto dai più totalmente inadeguato.