È Gennaio… sai la scoperta, si dirà… e sai la novità. Viene tutti gli anni da sempre…
No. Mi dispiace. Da sempre no. Anche se, ovviamente, nessun vivente può averne diretta memoria, ci fu un tempo in cui Gennaio semplicemente non esisteva. E, se è per questo, neppure Febbraio. L’anno finiva il 31 Dicembre e iniziava il 1 di Marzo.. Per questo Dicembre si chiama così ancor oggi. Perché era il decimo mese dell’anno. Altrimenti, scusate, dovrebbe chiamarsi Dodicembre…
Ovvio che il riferimento è al nostro Calendario. Quello più volte riformato – la modifica, anzi correzione più rilevante quella voluta da Papa Gregorio XIII – ed introdotto in uso dal 4 dicembre del 1582, con tanto di Bolla Pontificia (Inter gravissimas), perché, all’epoca, i Pontefici Romani si preoccupavano ancora della scansione del tempo, e del coincidere delle date con i ritmi e i misteri del Cosmo… non, come oggi, solo di salutare salvifici vaccini giunti in camioncino nella Notte di Natale…
Comunque, riforme a parte, il Calendario Gregoriano, oggi adottato in tutto il globo, deriva da quello di Cesare. Già, proprio lui, il Giulio Cesare conquistatore delle Gallie, il genio militare per antonomasia… Che però fu anche letterato, poeta e uomo di scienza. Oltre che grande politico. In un tempo in cui il far politica richiedeva cultura oltre che gloria militare. Insomma, non si governava a Roma avendo fatto l’avvocaticchio in provincia.
Certo, non fu Cesare a redigere quel Calendario, fondato sul Ciclo del Sole, ma l’astronomo Sosigene di Alessandria. Erede della grande tradizione greco – egiziaca. Ma Cesare lo promulgò, in qualità di Pontifex Maximus. Perché il Calendario non era una mera convenzione, ma un Atto Sacro.

Tant’è che sino al Giuliano vigeva il Calendario di Numa. Attribuito dalla tradizione al Re legislatore e sacerdote, quello che aveva per consigliera, ed amante, la Ninfa Egeria. Quindi una Divinità, o giù di lì.
Il Calendario di Numa, per quello che ne sappiamo, era luni-solare. Teneva conto del Ciclo della Luna oltre che del Sole. Ed era abbastanza complesso da ricostruire . Tuttavia è certo, per gli storici antichi, che fu proprio Numa a portare i mesi a dodici. Introducendo Januarius e Febrarius. Che prima non c’erano. O, semplicemente, non venivano computati.
Insomma, nel primo Calendario c’erano due mesi che non venivano calcolati. Che non avevano nome. E questo, semplicemente, perché… non si faceva nulla. Non si arava, non si seminava. Non si raccoglievano frutti. Non si portavano gli armenti al pascolo. Persino la caccia era, di fatto, sospesa…
Dolce far niente? Direi proprio di no… Perché in quel Calendario, che fu definito Romuleo solo per indicarne la remota, mitica, antichità, traspare ben altra condizione di vita.
Quella che doveva svolgersi in dimore ben più settentrionali, da dove gli avi dei Latini dovevano essere migrati. Dimore subartiche, probabilmente. Dove conducevano un’esistenza più simile a quella dei lapponi che dei popoli mediterranei. Seguendo branchi di animali, per sfruttarli, più che praticare la pastorizia. Raccogliendo i, pochi, frutti spontanei di quelle terre fredde, senza coltivare. Cacciando…
E i due mesi del profondo inverno nordico non si prestavano a nessuna di tali attività. Ci si doveva rintanare in capanne e spelonche. Una condizione non molto diversa da quella del Paleolitico… E attendere, accanto ai fuochi, che la Lunga Notte passasse. Sperando che non finissero prima le provviste.
Era una condizione di vita dura. Estrema. Quasi di pura sopravvivenza.
Ma accanto a quei fuochi – non a caso divenuti Sacri – si narravano storie. Si tessevano leggende. Si ascoltavano voci che giungevano nel vento dalla grande tenebra e dal gelo circostante.
Lì, in quei mesi che non esistevano, si forgiò in gran parte la cultura di quelle genti. Si temprò il loro carattere. Stirpi dure. Di guerrieri e pastori. Destinate a discendere, poi, coi loro Dei e i loro strani, spesso sanguinosi, riti, verso i mari caldi. E a dare, poi, origine ad un Impero.

Gennaio, il mese sospeso. Con il Dio più antico, Giano, che guarda al futuro e al passato. In una condizione di tempo che si avverte come… sospesa. Dove il presente non è. Se non oscurità e timore. Ricordo e aspettativa.
E Febbraio. Il mese della febbre. Febris, un Dio o una Dea, che poteva essere micidiale. Portare malattia e morte. Ma che purificava gli uomini. Li rendeva più forti. Selezionava, spietatamente, i migliori. Li preparava al Nuovo Inizio. Al Nuovo Anno. Che iniziava con Marzo. Il mese di Marte. E della guerra…
Forse, oggi, non dovremmo augurarci Buon Anno, come stiamo facendo, per altro ben poco credendo in tali auguri..
Dovremmo, piuttosto, raccoglierci nel silenzio. E tornare a raccontare storie. Per fugare le paure che si aggirano fuori, nel vento gelido. E per prepararci…