I principali politologi concordano nel suddividere due ramificazioni del populismo che seppur tenda sempre a superare le vecchie dicotomie viene indicato, per facilità, come populismo di destra e populismo di sinistra.
Al primo apparterebbero i populisti occidentali del mondo anglo-sassone ed europeo, mentre al secondo quelli di stampo socialista dell’area latinoamericana.
Il confine tra questi due mondi è quello della discordia tra gli Usa, con Trump populista di destra, e il Messico, il cui presidente Andrés Manuel López Obrador sembra aver dato il via alla riscossa dei partiti socialisti nel Sud del mondo. AMLO, come viene comunemente chiamato il presidente messicano dai suoi militanti, ha sfruttato al massimo l’opposizione al magnate newyorkese nel corso della propria campagna elettorale ma, ora che è al governo del gigante messicano, è costretto ad aver con lui e il suo staff un intenso rapporto diplomatico.
Pur essendosi posto come il contrario esatto del leader statunitense, AMLO non sembra avere difficoltà nel concordare provvedimenti in materia di immigrazione e commercio con il suo omologo. Forte della minaccia di un imposizione di dazi del 5% su tutti i prodotti provenienti dalla frontiera sud, Donald Trump è riuscito ad ottenere degli importanti impegni da parte dell’amministrazione messicana per ciò che concerne l’immigrazione dagli altri Stati centroamericani.
Il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard ha definito “un giusto equilibrio” l’accordo raggiunto con gli Stati Uniti che impegna la nazione centroamericana a rafforzare il controllo al confine sud con il Guatemala, accogliere un numero maggiore di richiedenti asilo negli Usa fino al completamento dell’iter procedurale e rafforzare l’applicazione delle leggi sull’immigrazione.
Contemporaneamente AMLO sembra avere la stessa visione protezionista in materia economica ed ha provveduto a scacciare il Fondo Monetario Internazionale dal suolo messicano. Secondo il presidente tricolor “le politiche neoliberiste hanno causato solo disgrazie e non potranno più decidere l’agenda del Paese”. Le privatizzazioni e il libero mercato imposto negli ultimi vent’anni sono stati gli artefici dell’enorme disuguaglianza sociale e della distruzione dell’industria petrol-chimica. Stessa visione che il rinato fronte peronista potrebbe applicare qualora tornasse al governo in Argentina.