Ed anche questa Estate mi ha fatto innamorare.
Autentico colpo di fulmine.
Non l’avevo previsto, ero troppo stanca.
Della vivacità di quelle lucine che mi hanno accolto in una Catania di notte, piena di vita e dei volti sorridenti in orario di chiusura per una pizza memorabile lievitata 72 ore.
Della simpatia di “lo chiamerò Sebastiano”, che aspettava la moglie impegnata nello shopping in un grande magazzino, raccontando con teatrale maestria i segreti della città.
Della accoglienza della Signora Maria, la vicina di casa che al nostro arrivo ci ha portato un sugo di ragù pronto ancora caldo e limoni succosissimi.
Della pervasività del caldo massaggio di un sole invincibile.
Della bellezza tipicamente mediterranea di volti sconosciuti.
Della luminosità in una rotonda su un mare instancabile.
Di un piccolo teatro tenuto come un gioiello.
Della saporosità del mandarino al limone di Alfredo, della granita mandorle pistacchio, degli arancini al ragù o al nero di seppia, dei cannoli ripieni di ricotta e di quel nero profumato che se lo bevi scorre nelle vene.
Della resistenza delle pietre antiche di Scicli, che raccontano i segni e la storia del tempo.
Della geometria inconsueta delle piazze di Avola, delle viuzze di Ortigia piene di vetrine e colori e della sua grande piazza di pietra luminosa.
Della energia delle camminate dove nessuno cammina.
Della tenerezza di Nonno che la mattina porta Susanna, che conta i suoi quattro anni sulle dita, a vedere il treno che parte.
Della musica di voci di bambini che giocano nelle strade e nei cortili.
Del mistero delle parole di circoli di anziani ai crocevia.
Del respiro della piccola terrazza dove parlano solo il vento, la luna e le stelle.
Di un ritmo rallentato e sconosciuto e di una sregolatezza funzionante.
Della immensità del mare e di una terra che sembra primitiva.
Mi sono innamorata.
Perché in fondo innamorarsi, ispirandomi a Cesare Boni, è ascoltare l’anima che rimane indietro a causa della folle corsa.
Aspettarla e riprenderla, per poter ripartire.