Nel settembre 2016 la Corte di giustizia europea bocciò la richiesta di far pagare alla Chiesa le rate arretrate dell’ICI, la vecchia imposta comunale sugli immobili che oggi è diventata l’IMU
In quel modo gli enti ecclesiastici evitarono una condanna che sarebbe potuta costare alle loro casse tra i quattro e i cinque miliardi di euro per l’imposta illegittimamente non versata dal 2008 al 2012 ai quali si sarebbero aggiunti altri 500-600 milioni l’anno, da pagare anche negli anni successivi.
Già allora sembrava che la decisione fosse piuttosto contorta. Si diceva infatti che, dal momento che il governo Monti aveva cambiato la tassa comunale in IMU, con diverso regolamento, l’esenzione dal pagamento non poteva più essere considerata un aiuto di stato illegale, così come sosteneva una sentenza UE del 2012.
Ma a non condividere la decisione non erano solo i Comuni, primi beneficiari degli introiti derivanti dall’ICI, ma cliniche, alberghi, scuole e altre attività commerciali private che, non essendo legate alla Chiesa, dovevano pagare tutte le imposte mentre i loro omologhi ecclesiastici erano esentati dal farlo.
Ma a seguito di un ricorso presentato dalla Scuola Montessori e da Pietro Ferracci, titolare di un piccolo bed and breakfast, gli stessi ricorrenti che avevano adito il Tribunale dell’Ue dopo la decisione della Commissione, oggi pare che quella sentenza possa essere ribaltata. Infatti, secondo l’avvocato generale della Corte Ue, il belga Melchior Wathelet, l’Ici non pagata dalla Chiesa, già ritenuta un aiuto di stato illegale nel 2012, va recuperata. Secondo l’autorevole giurista non vale l’eccezione riconosciuta dalla Commissione e dal Tribunale Ue allo stato italiano, in quanto semplicemente motivata con difficoltà organizzative e non in base a motivazioni giuridicamente solide. Secondo l’avvocato, quindi, la sentenza del Tribunale Ue del 2016 andrebbe rovesciata.
Con quali conseguenze lo si può ben immaginare. Un’enorme boccata di ossigeno per le casse dei Comuni italiani che da anni soffrono a causa delle scarse entrate a fronte dei numerosi servizi cui devono far fronte, e che spesso includono la manutenzione di quegli stessi edifici che fino ad oggi non hanno mai pagato le tasse comunali.
Sempre che non si trovi ancora un ennesimo cavillo che lasci tutto così com’è.