Chavkat Mirziyoyev è di nuovo Presidente dell’Uzbekistan. Non che ci fossero dubbi sulla sua riconferma per un secondo mandato. Anche perché al voto erano stati ammessi solo candidati filogovernativi o che non rappresentavano di fatto nessuno al di là di loro stessi. L’unica incertezza, ma era solo una curiosità, era l’affluenza che sarebbe stata dichiarata ufficialmente. Si pensava al 90%, per trasformare l’elezione in un plebiscito, poi si è pensato che non fosse il caso di esagerare e ci si è fermati all’80% degli aventi diritto.
Il presidente potrà dunque proseguire con la politica di miniaperture e di mini concessioni, avviata dopo essere succeduto allo storico presidente Karimov. Ma al di là delle questioni interne, il mondo guarda all’Uzbekistan soprattutto in rapporto al vicino Afghanistan. Sia in relazione ai flussi di migranti, da dirottare verso l’Europa, sia per i rapporti tra i due Paesi. Non è certo stato un caso che il ministro degli Esteri uzbeko sia immediatamente arrivato a Kabul dopo che i talebani avevano cacciato gli americani.
D’altronde Mirziyoyev ha attuato una politica di buon vicinato con tutti i Paesi dell’area. A prescindere dalle alleanze internazionali, delle posizioni politiche, del credo religioso. Ed i risultati, in termini economici, si sono subito visti, con una crescita a due cifre del Pil. In questo modo è anche cresciuta la forza contrattuale dell’Uzbekistan, in grado di dialogare senza difficoltà con Pechino e con Washington, oltre che con Mosca partner tradizionale dal momento che l’Uzbekistan faceva parte dell’Unione Sovietica. Sul fronte del commercio estero Pechino sta superando Mosca come volumi di interscambio, anche grazie a massicci investimenti cinesi nelle infrastrutture uzbeke. Anche perché Tashkent è coinvolta nella Via della Seta ferroviaria.
Si stanno anche appianando gli storici contrasti con il Kirghizistan mentre appaiono già superati quelli con il Tagikistan e sono ottimi con il Kazakistan ed il Turkmenistan.
Una situazione di tranquillità internazionale che ha consentito a Mirziyoyev qualche apertura al radicalismo islamico che era stato stroncato da Karimov dopo alcuni attentati. Per il momento, dunque, restano solo le incertezze relative all’evoluzione della situazione in Afghanistan.