Quello tra moda e futurismo è un sodalizio che nasce per infrangere le regole e sovvertire il perbenismo borghese. Il moderno irrompe nelle vite delle persone, tutto diventa veloce, energico, dinamico.

Con la Prima Guerra Mondiale le donne iniziano ad assumere ruoli che non le relegano più al focolare domestico. Nell’agricoltura e nell’allevamento, fondamentalmente. Ma anche nell’industria. E in tutto quel che serve e che prima era compito dei mariti. Ma la vita in fabbrica e nei campi può esser scomoda se a lavoro si è costrette a portare gonne lunghe e ampie camicie. L’imporsi della presenza femminile nei campi prima occupati dagli uomini porta di conseguenza all’affermarsi di un abbigliamento comodo, consono alle nuove mansioni. In primis si elimina il busto, poi si accorciano gli orli degli abiti e si sceglie il tailleur come uniforme quotidiana. L’emancipazione femminile passava anche attraverso il modo di vestire.
La nuova donna viene etichettata come flapper o garçonne. Il primo termine è usato principalmente nei paesi anglofoni, il secondo in Francia. Entrambi narrano di una donna indipendente e anticonformista che fuma, beve e balla il charleston. I capelli si accorciano, i corpi si fanno più sottili e androgini, sotto le gonne corte compaiono calze velate e sandali. La femminilità si evolve. Emblema di questo nuovo paradigma sono dive hollywoodiane come Greta Garbo, Marlene Dietrich, Joan Crawford e Louise Brooks.

I brand che prima si adeguano ai nuovi dettami furono Chanel e Patou. Ma anche dal mondo dell’arte c’è chi apprezza la modernità del cambiamento in atto e che vuole dare il suo contributo: nasce così il connubio tra moda e futurismo. Il movimento d’avanguardia era nato ufficialmente nel 1909 con la pubblicazione del manifesto futurista sul quotidiano francese Le Figaro, composto dal poeta Filippo Tommaso Marinetti. In seguito anche gli altri componenti (Giacomo Balla, Thayat, Fortunato Depero) espressero le loro convinzioni in articoli e manifesti, con un occhio di riguardo all’abbigliamento.
Lo stile futurista
Per Balla, che nel 1913 pubblica il Manifesto futurista del vestito da uomo, tutto ciò che è neutro, sbiadito e simmetrico va bandito. Vincenzo Viani pubblica il Manifesto della moda femminile futurista in cui sostiene che la Moda è l’equivalente femminile del Futurismo. Servono genialità, stravaganza e la capacità di adattamento in un contesto di crisi economica. I materiali costosi dunque è meglio che siano sostituiti con altri più poveri, come la canapa e la gomma. A proposito interviene nuovamente Marinetti che si scaglia contro il lusso e lo sfarzo del tempo. Le creazioni del gruppo vennero esposte in Francia, durante l’Expo del 1925 di Parigi.
Nel 1919 Thayat (collaboratore di Madame Vionnet) crea la tuta, un capo realizzabile con poca stoffa e quasi nessuno spreco di materiale. La tuta è un pezzo unico, funzionale, comodo e veloce da indossare. Con il fratello inoltre Thayat si dedica anche alla liberalizzazione dell’abbigliamento maschile, affinché divenisse più casual. Tra le modifiche proposte l’utilizzo del cappello nel quotidiano e l’abolizione della cravatta, definita “autentico cappio”.
