“Moderato? Io moderato? Moderato un…”
Quest’è il mio vecchio amico G.
Che, però, esprime – in modo forse un po’ brusco, non lo nego – un concetto che sottoscrivo appieno. E che, per altro, ho sentito perfettamente esprimere l’altra sera, nella trasmissione della Grüber. Da Massimo Cacciari. Che, quanto ad esser brusco certo non gliela cede a nessuno. Neppure a G.
Solo che utilizza (in genere) un linguaggio più forbito. Ma si era arrabbiato… accidenti se si era arrabbiato.
Perché quello dei, cosiddetti, “moderati”, che sarebbero poi la maggioranza (silenziosa, perché nulla ha da dire) del Paese, è non solo un colossale equivoco. È una bestialità. Una madornale ipocrisia.
Dunque, vediamo dal principio. Cosa significa essere “moderati”? Nel senso comune, è l’opposto di estremisti, radicali (nessun riferimento, per carità al compianto Pannella, e alla, ancora non compianta, Bonino…)
Significa cercare sempre soluzioni parziali ai problemi. Compromessi. Mezze misure per cercar di non scontentare nessuno. E tenere i toni bassi. Misurati.
Insomma, per usare un lessico politico superato, riformisti… non conservatori, nè rivoluzionari.
Esattamente come il Mega Direttore Galattico di Fantozzi.
Il “moderato” è colui che accetta l’esistente per ciò che è. O, più esattamente, per ciò che gli fanno credere che sia e che debba, forzatamente, essere. Al massimo, azzarda qualche, timida e marginale, protesta.
Ti tolgono ogni diritto ed ogni libertà in nome di una ipotetica pandemia, per gran parte inventata, o, per lo meno, enfatizzata oltre misura? Il moderato se ne dispiace… a parole. Ma accetta tutto nei fatti. Perché, mi disse una volta una collega, bisogna essere ossequiosi alle leggi. Altrimenti dove andremmo a finire?
Già… gli aguzzini, i ciechi esecutori di ordini, le spie e i guardiani dei peggiori regimi della storia, sono sempre stati dei… moderati. E moderati sono i cittadini (si legga sudditi) ideali.
Stiamo assistendo, come ha detto un irato Cacciari ad una Grüber dal volto stolido, ad una progressiva distruzione di ogni vestigia dello Stato Sociale. Ad un depauperamento sistematico della maggioranza della popolazione. Ad un sempre crescente divario fra i pochi che hanno (e pretendono) sempre di più, e le masse sempre più immiserite e private di ogni diritto.
Abbiamo visto stracciare, di fatto, le Costituzioni. Gettare nel cassonetto delle immondizie due secoli di, faticosa, crescita sociale. Riportare il lavoro ad una condizione di sfruttamento servile.
Annichilire la scuola pubblica. Negare i diritti sanitari.
Iniziare e sostenere guerre per l’interesse di pochi. E con grave nocumento di molti.
E, a fronte, di tutto questo che fanno i “moderati”? A che servono?
Servono a giustificare, con il loro atteggiamento, il declino. Ad avvallare ogni sopruso…. perché, se così non fosse, se così non facessero, se alzassero la voce, rischierebbero di passare per estremisti. Il loro è il ruggito del coniglio. E il coniglio è buono solo per finire in pentola con le olive taggiasche.
Il moderato, oggi, si sente gratificato da un nuovo epiteto. Un epiteto di gran moda. Resiliente.
È resiliente colui che resiste ad ogni stress. Che riorganizza ogni volta la sua vita, adattandosi a nuove circostanze. Anche catastrofiche.
Questo essere resiliente fa sentire il moderato una sorta di, moderno, Robinson Crusoe.
In realtà è solo un perfetto… coglione.
“Potrebbe andare peggio… potrebbe piovere…” dice il personaggio di Igor nel, geniale, Frankestein Junior di Mel Brooks.
Guardo fuori dalla finestra. Sta piovendo. Da giorni…. da molto, moltissimo tempo.