Al termine della fase a gironi, e dopo 48 partite, è già tempo di bilanci e, perché no, di pronostici.
Che cosa ha detto il Mondiale russo fino a questo momento?
Intanto ha detto una cosa che sapevamo già: non basta un mesetto di preparazione per fare in modo che un gruppo di giocatori, più o meno buoni, riescano a trasformarsi in una squadra.
E non basta neppure avere un fuoriclasse. D’accordo: l’Argentina ha puntato tutto su Messi e il Portogallo su Ronaldo. Ma proprio per questo le due nazionali non hanno brillato, anzi. Gli autonomismi non ci sono, il gioco di squadra neppure. I giocatori se ne stanno più o meno fermi in mezzo al campo, nell’attesa che qualcuno gli metta la palla sui piedi.
In questo modo le difese sono avvantaggiate e lo spettacolo latita. Non è un caso che più della metà dei gol che sono stati realizzati siano nati da palle da fermo: rigori, punizioni, corner.
E non è neppure un caso che le due squadre che, fin qui, hanno fatto vedere le cose migliori siano proprio Croazia e Belgio. Tutt’altro che favorite alla viglia, hanno però messo in campo un minimo di dinamismo che ha fatto crescere le loro quotazioni anche in vista della finale.
In agguato, però ci sono le nazionali con maggiore esperienza. Il Brasile, per esempio, la cui stella Neymar, ha dimostrato di mettersi al servizio della squadra. Oppure la solita Spagna, tornata al noiosissimo ma pur sempre efficace tikitaka; e che proprio per questo una organizzazione di gioco ha dimostrato di avercela. La Francia ha proposto un gioco involuto, ma ha campioni di esperienza che, forse, erano in attesa degli scontri ad eliminazione diretta per dare il meglio di sé. E poi ci sono Colombia e Uruguay che potrebbero rappresentare delle sorprese. Per ultima la Russia. La squadra di casa, domenica pomeriggio, dovrà vedersela con la Spagna, ma potrà far conto sul sostegno di un popolo intero.
Di qui alla fine conteranno le motivazioni più della tecnica, il fiato e le gambe più del blasone. Lo sa bene la Germania uscita ingloriosamente, e sconfitta dalla “sua” Corea. Ma lo sanno anche le squadre africane, fagocitate dalla fase a gironi senza che nessuna di esse sia riuscita ad uscire dalla mediocrità. Dell’Asia resiste il Giappone.
E alla fine, come sempre, sarà ancora una volta Europa contro America Latina.