L’estate è finita. Almeno qui, ché il mio amico S. mi scrive che a Roma, nonostante accenni temporaleschi, fa ancora caldo. Molto.
Ma lì le estati sono più lunghe. Coprono, quasi sempre, tutto settembre. E vengono seguite dalle famose ottobrate. Che mi ricordavano sempre (chissà perché?) la musica di Respighi…. forse una memoria remota delle lezioni del Maestro De Mattia, alle medie. Organista cieco. Grande insegnante. E appassionato del compositore romano…
Comunque, qui, il clima è diverso. Non siamo ancora alla metà di settembre, e, come si suol dire, il tempo si è rotto.
Fino a ieri teneva. Nelle ore centrali faceva caldo. Molto. Anche se non vi era afa. E la notte…cominciava a volerci almeno un copriletto.
Ieri sera, però, ero in terrazza. Quella grande. E guardavo la luna che si va avvicinando al suo culmine. Era velata. Appena un alone. Come di caldo. Poi, però, in direzione della, alta, Valle dei Mocheni, dietro al Castello, si è levata una nube nera. Come una gigantesca presenza oscura. Ha coperto, lentamente, la Luna. E si sono cominciati a vedere dei lampi. Rossastri. Seguiti da dei tuoni cupi.
Abbastanza impressionante. Anzi, per un attimo mi sono abbandonato alla impressione di essere in prossimità di Monte Fato. E che quei lampi non fossero che le scintille del rosso Occhio di Sauron…
Verso le quattro, ha cominciato a piovere anche qui. Prima un temporale. Poi una serie di piovaschi decisamente freddi. Improvvisi. Rare schiarite. Poi…pioggia sempre più continua.
Sono restato lì. A guardare i monti avvolti dalle nubi. Ad ascoltare la pioggia. Nel silenzio. Un silenzio che mi pareva… irreale. Tanto era assoluto. E mi sono reso conto che, vivendo per anni in una grande città, avevo perso la percezione di cosa fosse, davvero, il silenzio. Laggiù, vi sono sempre rumori di fondo. Un brusio, ancorché lontano. Automobili, uomini, strade…la città non riposa mai totalmente. Non tace.
Qui è altra cosa. Il paese è muto. Sento solo la pioggia che cade. A tratti. Il silenzio delle Montagne è altra cosa. Ti fa sentire solo. Ma è solitudine tutta diversa da quella urbana. In città perdi te stesso. Ti senti schiacciare, annichilire. Diventi folla. Massa informe.
Qui sei solo con te stesso. E con te stesso sei costretto a dialogare. A confrontarti. Un dono. O una maledizione. Non saprei dire in questo momento. Ma non si tratta di fare bilanci della vita trascorsa. Quelle sono cose da sensali. Da ragionieri. Qui, in questo momento, vedo le cose per come sono. Punto. Poco altro da dire. Questo, nel bene e nel male, sono io. Hic et nunc. Qui e ora.
A poco a poco, albeggia. Le rocce, dilavate dalle piogge notturne, assumono un colore azzurro pallido. E lucente. Il bosco risplende di un verde più intenso. Forse le innumerevoli stille di pioggia che risplendono sulle foglie e sui rami.
Tutto è bello…semplicemente bello. Anche la tristezza ha un colore diverso.