Non vi è nulla da contemplare più grande dell’anima…
Così scrive – più o meno, visto che cito a memoria – Petrarca in una lettera a Dionigi da Borgo San Sepolcro. Un frate domenicano, che era stato suo confessore e gli aveva donato una copia de “Le confessioni” di Agostino. Opera cardine per spiegare la crisi e la svolta religiosa del poeta. E Dionigi, per altri, è figura interessante di per se stessa… che meriterebbe più attenzione…
Ma io, qui, non voglio parlare di fra’ Dionigi. E, in fondo, neppure di Petrarca. Se non per il fatto che questa frase la scrisse in una famosa epistola. Quella in cui narra la salita al Monte Ventoso. In compagnia del fratello Gerardo. Perché, in quell’occasione, contemplando la bellezza e l’immensità dei monti e delle valli (con ragione: la Provenza è stupenda) gli venne in mente, appunto, Agostino. E da lì derivò questa riflessione. Che noi si cerca il senso di infinito e la bellezza fuori di noi. Inseguendo, come Leopardi, interminati spazi…. mentre dovremmo rivolgere lo sguardo in noi. Alla nostra anima.

Dopo la necessaria chiosa per precisare, ad uso di chi ha fatto in questi anni il liceo in DAD, che Leopardi è venuto molto dopo Petrarca, mi viene da pensare che questa riflessione del poeta non mi convince. Punto.
Ora si dirà: ma chi ti credi di essere tu, per contestare il Petrarca?
Beh, certamente nessuno…. ma mica perché uno ha scritto il Rerum Vulgarium Fragmenta (volgarmente noto come Canzoniere) mi deve piacere sempre e comunque… e io debba sempre concordare con ciò che dice…
Anche perché prendo questa frase di per se stessa. Cercando sia di dimenticare il contesto, sia la personalità di chi l’ha scritta.
E mi ci metto a elucubrare sopra un po’… da qualche parte un articolo al giorno lo dovrò pure cavar fuori, no? Altrimenti il Direttore mi dimezza la retribuzione. E la metà di zero….
Comunque, Petrarca era appena salito a Monte Ventoso. Io, lì non ci sono salito mai, ma tutti mi dicono che il panorama è una meraviglia. Anche perché si affaccia sulla Valle del Rodano. E ti permette di abbracciare con lo sguardo gran parte della Provenza. Sino al mare. E la Linguadoca è bella. Bellissima. Con quelle distese di piccole viti, il Mistral che soffia dal mare, le lagune della Camargue…. e ai tempi di Petrarca doveva essere piu bella ancora. Incontaminata. E anche se su quel monte mai sono salito, la Provenza un po’ l’ho girata. Ed è davvero un luogo incantato…
Per altro, andare in montagna, è sempre un’esperienza straordinaria. Per carità… mica parlo di grandi scalate. Ma quel poco che ho fatto da ragazzo, prima con mio padre, poi con qualche amico, ha lasciato un segno indelebile nella mia memoria.
Perché camminare in salita costa fatica. E quando arrivi alla meta hai la sensazione di essertela guadagnata. E respiri a pieni polmoni. Un’aria più… tersa. pulita. Ed è come se anche tu, faticando, ti fossi ripulito di tante scorie. Di tanti pensieri… foschi. E inutili.
Il tuo sguardo diventa più limpido. E la tua mente, stanca per lo sforzo fisico, entra in un momento di silenzio. L’usuale e interminabile dialogo con se stessi, che normalmente ci imprigiona in un labirinto, si… sospende. E allora… puoi vedere.

Intendiamoci… nessuna visione mistica, allucinata, eccezionale… vedi, semplicemente, ciò che ti circonda. Quindi montagne, rocce, boschi di abeti e larici, cespugli di mughi… senti i profumi. E ascolti… il silenzio. E tutto ciò è…. bello.
Soprattutto perché esci dal tuo guscio. Ed entri in simbiosi con le cose. E allora, per davvero, hai, almeno per un attimo, la sensazione, o meglio la percezione di contemplare qualcosa di…. infinito. Che non è fantasia illusoria. E che non necessita di elaborazione intellettuale. Perché, come diceva il Pascoli, che di queste cose se ne intendeva: è l’oggetto naturale il simbolo più potente.
E i simboli, quelli veri, non sono astrazioni. Sono sentieri. E porte. Che ti conducono… altrove.
Ho sempre pensato che Petrarca fosse il primo uomo moderno. Per paradosso, più vicino a noi che a Dante… che pure, bambino, aveva incontrato.
Ma quella di Dante è poesia antica. Grandiosa, si espande nel cosmo. Sempre, anche quando, anzi soprattutto, quando parla del suo amore per Beatrice….
Petrarca tende a chiudersi in se stesso. La sua lirica racconta i moti dell’anima. I sentimenti, i dolori, le paure… che lui contempla, in incessante colloquio con se stesso. Certo, vede la bellezza della Natura. Ma la vede altra da sé, ormai.
È l’uomo moderno. Uno di noi. Condannato al dubbio. E alla solitudine.