La strage sul lavoro continua inarrestabile e soprattutto inarrestata. La media italiana è di circa 2-3 morti sul lavoro ogni giorno. In pratica le morti bianche di un solo anno sono superiori ai morti di tutti gli anni di piombo messi insieme, sommati tra tutte le componenti
E questo senza considerare tutte le vittime collegate alle varie attività imprenditoriali, dall’amianto alla chimica, alle acciaierie allo smaltimento illegale dei rifiuti.
Eppure non si fa nulla per ridurre la strage.
L’Italia, repubblica fondata non sul lavoro ma sulla burocrazia, impone assurde compilazioni di altrettanto assurdi documenti, ma se ne frega delle misure concrete. Solo carta inutile, solo certificazioni che rubano tempo e denaro.
Quanto poi all’effetto di deterrenza delle pene, siamo alla farsa. I colpevoli stranieri dei morti bruciati alla Thyssen di Torino sono liberi in Germania, i responsabili delle migliaia di morti per l’Eternit sono liberi, si accettano scommesse sul fatto che non finirà in galera neppure Carlo De Benedetti qualora venisse condannato in via definitiva per i morti all’Olivetti. E la giustizia campana ha rimesso in libertà i colpevoli dei tanti morti provocati dai fumi tossici della Terra dei fuochi.
A pagare, con la propria vita, sono soltanto i lavoratori e le famiglie costrette a vivere vicino a fabbriche inquinanti, a discariche tossiche, a luoghi pericolosi. Ogni volta, però, la disinformazione del pensiero unico obbligatorio ci spiega che è inevitabile, che il lavoro è più importante della salute, che il Paese ha bisogno di quelle produzioni. Ma non si capisce come le stesse produzioni, in Paesi civili, non provochino morti in azienda e morti e malformazioni nei dintorni.
Per anni Pergine Valsugana ha ospitato un festival della sicurezza, per far conoscere i rischi anche ai bambini delle scuole, con mostre fotografiche che hanno girato l’Italia, con cantanti e artisti che si sono esibiti per far conoscere il problema. Poi tutto si è fermato quando ad occuparsi del Festival sarebbe toccato al settore pubblico.
Indubbiamente esiste anche la fatalità, l’imprevisto. Non sull’inquinamento sistematico, però. Ed esistono responsabilità dei lavoratori, disattenzioni, rifiuto di indossare caschi di protezione perché fa caldo, rifiuto di utilizzare imbragature perché scomode. Ma in troppi casi l’incidente mortale si sarebbe potuto evitare con investimenti adeguati per la sicurezza. Utilizzando per il camino le carte inutili da compilare e spendendo il tempo risparmiato per pensare a misure per rafforzare la sicurezza effettiva.
Non è accettabile che le morti sul lavoro diminuiscano soltanto quando aumenta la disoccupazione. E che l’alternativa proposta sia quella di accettare l’inquinamento mortale o di perdere il lavoro.
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Misure di sicurezza, corsi, messe a norma… tutto inutile quando le ditte italiane cercano solo di fare bella figura davanti agli ispettori e appena si voltano ciascuno fa cosa vuole per cercare di fatturare il più possibile. Gli imprenditori sono figli del dio denaro e non importa se per il loro dio devono fare dei sacrifici umani… detto da uno che purtroppo questa situazione la vive giornalmente…