Ma quanto è isolata la Russia di Putin! Mosca ha deciso di ridurre la produzione di petrolio a partire da maggio e per l’intero 2023. Bella forza, le sanzioni hanno effetto e nessuno vuole più il petrolio russo. Peccato che il Giappone ne abbia appena acquistato ed a prezzi superiori ai 60 dollari fissati dagli atlantisti. Ma Tokyo ne aveva bisogno ed allora il padrone di Washington ha allentato il guinzaglio ed ha concesso ai servitori nipponici di comprarlo dai cattivissimi russi.
Così cattivi da aver convinto anche altri Paesi a ridurre la produzione. Arabia Saudita, Emirati Arabi, Algeria, Iraq, Kazakhstan, Kuwait, Oman. Possibile che anche altri seguano l’esempio che avrà, come inevitabile conseguenza, un incremento dei prezzi. Almeno per i Paesi atlantisti, poiché si è visto come i prezzi di gas e petrolio russi fossero più bassi per Cina e India (e anche per la Turchia). Perché la guerra tra atlantisti e resto del mondo non si gioca soltanto con i carri armati ed i proiettili con uranio impoverito che Londra ha fornito a Zelensky per scatenare un conflitto nucleare. La guerra si combatte anche sul fronte economico ed aumentare il prezzo del petrolio fornito ai maggiordomi di Biden significa renderli sempre meno competitivi. Significa impoverire le popolazioni creando sempre più ragioni per le proteste di piazza di chi è stanco di far sacrifici per arricchire i mercanti di armi.
Dunque ora bisognerà fare altri sacrifici per arricchire anche il resto del mondo che non tollera più l’arroganza atlantista. Tra l’altro Agcnews rileva che gli ultimi dati disponibili indicherebbero che il PIL dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) avrebbe superato il 31% del PIL mondiale a fronte del 30% dei Paesi del G7. D’altronde la Gran Bretagna è in recessione, la Germania è in crisi, la Francia è in difficoltà e l’Italia non è neppure riuscita a tornare ai livelli del 2007. Con questo trend i Brics, nella formazione attuale, potrebbero rappresentare il 50% del PIL mondiale già nel 2030. Mentre altri Paesi – dall’Argentina all’Arabia Saudita sino all’Iran – premono per entrare a farne parte.
Sul fronte opposto c’è da registrare la profonda crisi della produzione dei semiconduttori in Corea del Sud. Una flessione del 17,1% a febbraio rispetto al mese precedente e del 41,8% rispetto al febbraio del 2022. Ed i microchip rappresentano il 20% delle esportazioni sudcoreane. Sono i meravigliosi effetti dei divieti imposti dal “caro amico ed alleato” statunitense alle vendite dirette ai Paesi “cattivi”. Ed a questo si è aggiunta la concorrenza sleale sempre del “caro amico e alleato” che ha favorito la concorrenza dei produttori statunitensi con mega finanziamenti di stato.
Ma non c’è da illudersi che il circolo della Garbatella comprenda la lezione.