Andrea Rocchelli, chi era costui? Quasi nessuno ricorda il suo nome. Sui palazzi dei governi regionali italiani, sulle facciate dei municipi non sono comparsi gli striscioni per chiedere la verità sulla sua morte. Nessuno ha chiesto di ritirare l’ambasciatore italiano dal Paese che lo ha assassinato. Già, perché Rocchelli era un giornalista ucciso dagli ucraini nel 2014. Colpevole di aver provato a documentare i massacri compiuti in Donbass dalle forze ucraine.
E poiché la narrazione della guerra nel Donbass da parte dei media di regime italiani prevedeva che gli ucraini fossero le vittime e non gli assassini, Rocchelli è stato dimenticato da quelli che si definiscono “colleghi”, senza che l’Ordine dei giornalisti si indignasse, senza che il ministero degli esteri protestasse. Cancellato, dimenticato. Nessuno ha pagato per la sua morte. D’altronde gli assassini sono gli alleati degli assassini del Cermis: strage compiuta in Italia dagli “alleati” americani, dunque nessuna punizione.
Così Gramellini può tranquillamente esaltare la coraggiosa giornalista russa che ha interrotto una trasmissione con un cartello contro la guerra e contro le menzogne di Putin. Ed altri giornalisti italiani avevano prontamente ipotizzato che Marina Ovsyannikova, l’eroina del momento, fosse stata fatta sparire. Magari in fondo ad una prigione, forse in un gulag, addirittura assassinata. Invece niente. È stata rilasciata e condannata a pagare una multa di 250 euro. Meglio per lei, peggio per l’esercito dei falsificatori della realtà.
Perché la narrazione dei media di regime ha, curiosamente, dimenticato l’arresto in Ucraina di due giovani comunisti locali che protestavano allo stesso modo contro la guerra. I pacifisti sono eroi in Russia ma criminali in Ucraina.
Non c’è da stupirsi. Mentre i giornalisti di regime si indignavano per Ovsyannikova, non si accorgevano che la democratica Gran Bretagna, patria della libertà di pensiero e di informazione, respingeva il ricorso di Assange e, dunque, si preparava a consegnarlo alle galere statunitensi dove rischia di restare per i prossimi 175 anni (sì, proprio anni) per aver osato raccontare al mondo le porcate compiute dagli Usa in giro per il mondo.
Dove sono i cartelli in stile Zaki per chiedere la libertà per Assange? Dove sono le manifestazioni davanti alle ambasciate di Londra e Washington? Dov’è finita l’indignazione dell’Ordine dei giornalisti? Appunto, è finita. Troppo impegnati ad indignarsi a comando per potersi occupare della censura nei confronti di chi è scomodo per il potere vero, per difendere la libertà di informazione contro i padroni di Washington. Rocchelli, Assange: cancellati!
1 commento
Assolutamente d’accordo.