Dunque…. preciso subito, onde evitare fraintendimenti, che non sono, né mai sono stato un fan di Vasco Rossi. Fa un genere di musica che non mi piace. E i testi delle sue canzoni mi sono sempre suonati moneta falsa. Come lui. Un ribelle da salotto borghese. Un barboncino che si atteggia a Pitt Bull.. E lo si è visto durante il Covid… Tra i più allineati e coperti. Mascherina, vaccini, nascosto sotto il letto…e proclami contro la minaccia No Vax.
Altro che vita spericolata…. È più avventuroso il pensionato che va al parco a dare da mangiare alle paperelle…
Premesso questo, va detto che il grande concerto di Vasco a Trento è stato un grande successo. Inevitabile, il primo dopo anni… Ed è stato soprattutto un successo per l’amministrazione provinciale, e per l’assessore alla cultura Mirko Bisesti, che si è addossato il rischio di una kermesse di tali proporzioni. Oltre 120.000 persone. Roba da fare tremare i polsi. E invece è filato tutto alla perfezione. Con una organizzazione degna del retaggio Asburgico. E i gufi ci sono rimasti male.
Perché gufare avevano gufato. E molto. Sperando nell’incidente. Meglio se mortale. Nella tragedia. Non per Vasco, naturalmente. Ma perché in Trentino si vota il prossimo anno. E la campagna elettorale è già iniziata. Cattiva. E stupida.
Soprattutto stupida. In particolare per certe interrogazioni e interventi della opposizione (non dico quale, ma dai temi è facile dedurre) nelle settimane antecedenti il Concertone.
Ad esempio la minaccia per…le patate. E intendo per le patate tuberi edibili. Nessuna volgare allusione maschilista.
Perché, secondo i critici, i decibel del concerto avrebbero danneggiato le coltivazioni di patate. Che sono, notoriamente, amanti di Brahms e Mozart. E non sopportano il frastuono elettronico…
Ma la cosa che più mi ha colpito è il problema….dell’orso.
Antefatto necessario. Intorno a Trento si aggira, da qualche tempo, un orso. O meglio, sulla collina di Casteller, proprio in prossimità del palco del concerto, ha stabile residenza l’orso M49. E qui ci sarebbe tutto un discorso da fare con l’uso di tali sigle per identificare gli animali selvatici. Certo, è utile dal punto di vista burocratico, non dico di no…ma mica sono robot di Star Wars…
Comunque, per tutti gli abitanti locali, il nostro è Papillon. Nome del protagonista del romanzo di Henri Charrière. Da cui il, famoso, film con Steve McQueen. Che proprio Vasco cita in quella che è la sua canzone più famosa.
Papillon, farfalla. Storia di un evaso dalla colonia penale francese della Cayenne. Un maestro, un artista della evasione.
E tale è il nostro M49. Ché al Casteller non sembra ci si trovi bene. Anche perché viene tenuto rinchiuso in uno spazio alquanto angusto. Perché lui, di natura, sarebbe un girellone. Uno cui piace andar per boschi e vedere un po’ di mondo. A differenza della maggior parte dei suoi parenti, che se ne stanno tranquillamente nelle loro tane, fra la Val di Non e in altre aree del Trentino occidentale.
A M49 piace girellare. Solo che girellare mette appetito. E l’orso è orso. Così si è mangiato qualche pecora e altri animali domestici. Per cui lo hanno rinchiuso. Ma lui è riuscito già ad evadere più volte. Per questo, è diventato per tutti Papillon.
Storia, tutto sommato, triste. Io amo gli orsi. Sento con loro una certa affinità. Anche perché, molti anni fa, i miei studenti mi avevano soprannominato così. L’orso. Per il mio carattere bonario e delicato.
Quindi tutta la mia solidarietà al povero Papillon.
Solo che tirarlo in ballo per tentare di sabotare un concerto mi sembra una farsa. Squallida, per di più.
Perché alla fine, sono arrivati alla proposta di sedare l’orso. Per la durata dell’esibizione di Vasco. E non mi pare proprio così ecologico. Così in linea con le preoccupazioni ambientaliste tanto ostentate…
Comunque, io faccio il tifo per Papillon. Non so come abbia vissuto la notte del concerto. Ma, da animale dotato di intelligenza superiore – tanto che il vecchio Lord Monboddo, antesignano delle teorie di Darwin, sosteneva che noi dagli orsi, appunto, discendiamo – avrà certo anche uno spiccato gusto musicale. Che, sospetto, non vada nella direzione del rock di Vasco Rossi. Piuttosto, verso Shostakovich, Čjiaikovskij, Cačaturjan…
Che esprimono un universo di suoni e armonie più consonante col suo. Ed anche con la mia sensibilità. Anche se oggi, dirlo, è politicamente scorretto.
E spero, sinceramente, che in quella notte di confusione, Papillon abbia compiuto la sua ultima evasione. E, siccome gli orsi sono capaci di spostarsi per centinaia di chilometri, sia ora molto lontano.
Lontano dal frastuono dei falsi ribelli. E dalla pietà pelosa dei falsi ambientalisti.
Magari in qualche foresta del nord. In un bosco dove possa vivere felice, secondo la sua natura.. Cacciare, pescare, rubare il miele alle api. Libero. Come dovremmo essere anche noi…