C’è stato un tempo in cui i musicisti facevano un disco nuovo e poi organizzavano una tournée per promuoverne la vendita. Oggi succede tutto il contrario.
Nel senso che il disco serve a promuovere un tour e l’obiettivo non è più vendere dischi ma vendere biglietti.
Da anni stiamo assistendo ad un fenomeno analogo a quello, già analizzato su queste pagine, che riguarda i libri: se ne vendono pochi ma le manifestazioni letterarie sono sempre affollatissime.
Così anche l’Italia, dove di dischi se ne vendono pochini, sembra diventata il paradiso dei concerti dal vivo.
La scorsa estate, in particolare, ha visto, dalle Alpi fino ai più sperduti paesini, un fiorire di festival e concerti che hanno consentito a un numero altissimo di artisti, stranieri ed italiani, di incontrare il pubblico degli appassionati.
Ma è davvero così? Ce lo chiediamo perché l’indubbio successo riscontrato ed evidenziato da quasi tutti gli organizzatori, potrebbe non essere semplicemente legato al bisogno di ascoltare la musica dal vivo, eseguita da musicisti di fama. Temiamo che la partecipazione ai concerti sia diventato un fatto sociale e di aggregazione che poco ha a che fare con l’amore per la buona musica.
Siamo davvero sicuri che le decine di migliaia di persone che da Lucca a Roma si sono accalcate sotto il palco del bassista Roger Waters fossero lì perché avevano ascoltato e apprezzato il suo ultimo disco, o non volessero piuttosto cullare l’illusione di assistere a un concerto dei Pink Floyd per poi postare un selfie sui social o potersene vantare con gli amici al ritorno dalle vacanze?
Eppure la faccenda funziona e, crediamo, continuerà a funzionare, almeno fintanto che ci saranno centinaia di migliaia di persone disposte a sborsare cifre importanti per accaparrarsi un biglietto per l’evento più reclamizzato.
Già: perché questa medaglia ha un suo triste rovescio. Il fatto che i grandi eventi, con la complicità di legislatori pavidi e delle loro nuove disposizioni sulla sicurezza, ha di fatto impedito la realizzazione di una gran quantità di eventi minori, organizzati da proloco e piccoli comuni, che da sempre avevano lo scopo di consentire anche a coloro che non andavano in vacanza di trascorrere una piacevole serata ascoltando buona musica. Magari non eseguita da una star strafamosa, ma soltanto dalla band locale composta da musicisti dilettanti.
In questo modo la musica, quella vera, eseguita con il cuore e la passione, ha lasciato spazio a spettacoli faraonici, supportati da mille effetti speciali, che però con la musica avevano ben poco a che spartire.
Con le dovute eccezioni, naturalmente. Eccezioni che tuttavia sono destinata a restare tali.