Aung San Suu Kyi, leader della National League for democracy (Lnd) e Premio Nobel per la Pace nel 1991, è stata arrestata insieme a Win Mynt – presidente della nazione – il 1o febbraio 2021 in seguito ad un colpo di stato in Myanmar organizzato dalle forze armate.
Il colpo di Stato e l’arresto
Il Partito aveva ottenuto una larga maggioranza in seguito alle elezioni dell’ 8 novembre 2020. L’esito delle elezioni era stato fortemente contestato dal partito militare che, il giorno dell’insediamento del nuovo parlamento, ha organizzato il golpe. Dopo poche ore, l’esercito birmano ha annunciato l’imposizione di uno stato di emergenza della durata di un anno. Mynt Swe, ex generale, sarà presidente ad interim per tutto il periodo.

Il timore che si verificasse un colpo di stato era alto, soprattutto in seguito alla crescente tensione tra il governo e l’esercito. La leader del Lnd ha dichiarato, in seguito al suo arresto nelle prime ore del mattino e tramite portavoci:
“Non accettate il colpo di Stato, non vi piegate”
Il colpo rappresenta un’inversione del parziale ma significativo progresso verso la democrazia per il Paese. Il Myanmar aveva compiuto dei passi in avanti da questo punto di vista negli ultimi anni, dopo circa cinquant’anni di governo militare e isolamento internazionale.
La leader birmana è stata attiva per molti anni nella difesa dei diritti umani nel suo Paese, oppresso dalla rigida dittatura militare. Negli anni, è stata sottoposta a numerose misure restrittive, tra cui gli arresti domiciliari. Si è imposta come capo del movimento di opposizione e, fino al suo arresto il 1 febbraio 2021, ha ricoperto le cariche di Consigliere di Stato del Myanmar, Ministro degli Affari Esteri e Ministro dell’Ufficio del Presidente.
Le reazioni della comunità internazionale
Immediate le reazioni da parte della comunità internazionale al colpo di stato in Myanmar. Gli USA sostengono la causa democratica del Myanmar. Si oppongono a qualsiasi tentativo di alterare l’esito delle elezioni o di impedire la transizione democratica nel Paese. D’altra parte, la Cina, centrale nel controllo dell’area circostante alla Birmania, si è limitata a prendere atto della situazione.
Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha fortemente condannato, tramite un tweet, l’operato dell’esercito birmano, schierandosi a favore della democrazia. Ha rimarcato l’importanza dell’esito delle elezioni, che hanno dato voce alla volontà del popolo.
Il presidente, inoltre, ha esortato al rilascio di tutti coloro che sono stati arrestati e detenuti illegalmente nel Paese. Simili le dichiarazioni dell’Alto Rappresentante Josep Borrel.
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