Napoleone non amava il Carnevale. O per lo meno così sembra. Per altro il Piccolo Corso non aveva, tra le molte indiscutibili doti, il senso dell’umorismo. E con la sua statura doveva essere alquanto permalosetto… Insomma, gli scherzi e i lazzi canevaleschi li digeriva proprio male. E, com’è noto, soffriva di cronica cattiva digestione….
Comunque, a Venezia, subito dopo averla occupata, proibì ogni manifestazione o festa carnevalesca.
Era il 1797. E i francesi erano entrati a Venezia. Salutati con giubilo dai (pochi) giacobini, aristocratici e borghesi . Tra cui un giovane Ugo Foscolo. Che scrisse per l’occasione la sua “Oda a Bonaparte liberatore”. Poi ripudiata, quando comprese che cos’erano questi liberatori. E di che pasta fosse fatto il Corso…

Comunque la maggioranza dei veneziani se ne stette lì. In silenzio. La Repubblica non aveva più le forze sufficienti per resistere alle armate francesi. E l’ultimo Doge, Ludovico Manin, congedò i Fanti da Mar, schierati a difesa del Palazzo, con un triste e bonario “Ndè casa fjoi…”. Inutile tentare la resistenza. Inutile spargere altro sangue invano…
Ma i Francesi, poi, ne fecero tante e di tal fatta, che scatenarono le rivolte popolari. Le Pasque Veronesi, l’insurrezione di Venezia con la caccia ai giacobini per le calli, che costrinse anche il Foscolo a fuggire… E intanto in Istria e Dalmazia continuava la resistenza di alcune fortezze tenute dagli Schiavoni, sotto il comando di ufficiali veneziani… Tutte storie che, a scuola, si guardano bene dal raccontarci…
Comunque, andò come andò, con l’infamia finale di Campoformio. E la cessione di Venezia all’Austria. Come fosse una merce. E non uno Stato Sovrano. Tra i più antichi d’Europa.
Nel breve lasso di tempo, però, Napoleone si affrettò a proibire il Carnevale. Decisione, poi, confermata dagli austriaci. E che metteva fine ad una tradizione attestata almeno dal XII secolo. Tradizione viva e sentita, se è vero che i festeggiamenti continuarono comunque, clandestinamente, nelle case private. E sopratutto nelle isole, Murano, Burano… alla Giudecca… dove lo sguardo degli occupanti era meno vigile…

Vietare il Carnevale. Perché se ne aveva, in buona sostanza, paura. Le tirannidi, le occupazioni abusive del potere, non amano una festa che ha connotati troppo libertari… Perché temono che possa divenire rivolta di popolo. La Serenissima aveva sempre celebrato con grande sfarzo il suo Carnevale. Perché i Dogi e l’aristocrazia al governo non avevano paura. Non avevano motivi di temere la collera popolare. Il loro era un governo giusto. Non perfetto, certo. Ma potevano farsi vanto di un sistema amministrativo che era il più progredito d’Europa. Di un rispetto quasi sacrale delle leggi e della giustizia. Di un equilibrio tra le istituzioni che permise a Venezia di essere la Repubblica più stabile, e duratura, della storia. Si legga Maranini e si capirà…
E i veneziani godevano di diritti e libertà sanciti e certi. Non era una democrazia, d’accordo. Ma gli uomini erano liberi di lavorare, commerciare, esprimere il loro talento. Ascendere in una gerarchia sociale che, sempre, tenne in debito conto il merito. E di scrivere, pensare, persino credere ciò che volevano.
L’amore, tutto veneziano, per il Carnevale era espressione di questo. Del gusto per la libertà del sentirsi ed essere uomini liberi. Le maschere stesse garantivano questa libertà. E escludevano l’indebita ingerenza pubblica nella vita privata. Indossando la bautta potevi essere chi volevi frequentare ed amare chiunque. Nessuno poteva, né voleva, impedirlo…
Non poteva non infastidire il Tiranno. La tirannide ha paura dell’allegria. Delle risate che potrebbero seppellirla. Delle maschere che manifestano la diversità. L’indicibile varietà degli uomini e delle opinioni.
Le uniche maschere che le tirannidi apprezzano sono quelle che rendono uniformi. Maschere tristi, prive di espressione…

Ultima, breve nota. Dagli anni ’80, a Venezia, il Carnevale è stato riscoperto. Non astratta operazione commerciale, e neppure solo recupero culturale. È stato, piuttosto, un risveglio. Qualcosa che si è tornato a manifestare, dall’anima profonda della città. Da allora per oltre quaranta anni è tornato in tutta la sua, fastosa, magnificenza. Sino al 2020. Vietato causa COVID. E così sarà pure quest’anno. Per carità, nessun paragone con Napoleone. Il piccolo Corso era un gigante della Storia. Un Gigante tragico .
Ora, la Tirannide è solo una mediocre farsa. Un’accozzaglia di nani che spadroneggia su una plebe senza più nome. Né dignità.