Un Paese diviso in due con i decreti che vanno in un senso e la burocrazia in un altro. Un vero record di decreti legge, DPCM, ordinanze del ministero della Salute, circolari e normative delle regioni.
Ma era proprio il nostro Presidente del Consiglio circa due mesi fa, con i decreti Cura Italia e Liquidità, a parlare di semplificazione?
Un’Italia rassegnata al nulla cosmico. Non è servito rapportarsi con altri Paesi né con i ritardi né con alcune assurdità dette e poi corrette. Ancora si attendono i soldi dalla cassa integrazione in deroga. Nessun operatore risponde alle telefonate, numeri continuamente occupati e il disservizio viaggia di pari passo allo sconforto dell’utente. Le questioni sono due: come mai l’INPS non riesce ad erogare soldi ai lavoratori e come mai non arriva liquidità alle aziende?
Per non parlare delle follie legate alla burocrazia che per alcune mail arrivate nei posti sbagliati ha permesso la liberazione di centinaia di condannati per reati di mafia.
Un possibile dialogo tra banche dati, ecco quale potrebbe essere la soluzione. Un ufficio dal quale accedere a tutte le informazioni in tempo reale.
L’inefficienza della burocrazia italiana costa, a lavoratori e imprese, circa 55 miliardi. Una cifra assai simile agli aiuti post Covid-19 che è appunto di 55 miliardi e che il governo si accinge a elargire con il decreto di maggio. Peccato che gli aiuti di marzo e aprile si siano incagliati in circolari interpretative e regolamenti diversi tra Regioni. Poi ovviamente alla burocrazia pubblica non dimentichiamo che si aggiunge pure quella bancaria a dare il colpo di grazia. Continueremo a ricordare quanto la burocrazia in Italia sia una vera e propria zavorra per i cittadini e soprattutto per le imprese.
Come spiega Marco Ruffolo su Affari e Finanza “Per la cattiva burocrazia lo Stato infligge alle imprese una perdita di circa 55 miliardi, la stessa cifra che si accinge a dare come aiuti post Covid con il decreto di maggio. Mentre sta per arrivare un’ondata di nuovi aiuti, quelli decisi tra marzo e aprile, si sono in gran parte impantanati tra circolari interpretative, pareri e regolamenti tra regione e regione…solo il 2,6% dei potenziali beneficiari della cassa integrazione in deroga e il 5,3% di coloro che l’hanno chiesta vi ha potuto accedere. L’INPS ha pagato la cassa integrazione a 67.746 lavoratori, contro una platea iniziale di 2,6 milioni e quasi 1,3 milioni di domande secondo una stima UIL. A dimostrare che le manovre di governo si stanno rivelando un flop sono i prestiti da 25 mila euro per le aziende con la totale garanzia dello Stato. Su una platea di 5 milioni circa di aziende e partite iva, le domande che le banche hanno fatto pervenire al Fondo di garanzia sono circa 70 mila, cioè l’1,3% del totale.”
Un esempio di burocrazia è stata la richiesta da parte delle aziende della cassa in deroga, perché per dare liquidità ai lavoratori bisogna: stilare un accordo sindacale, poi la domanda alla Regione che deve fare un’istruttoria e decide se autorizzare una cassa in deroga. Il tutto con regole e tempi differenti tra le regioni. Il risultato attuale è che un’alta percentuale di lavoratori che hanno chiesto la cassa integrazione non l’ha ancora ricevuta.
Un punto di convergenza nella maggioranza di governo c’è ed è proprio la lotta contro la burocrazia. Si è consapevoli che la burocrazia è un problema da innumerevoli anni ma adesso a causa dell’emergenza sanitaria tutto è amplificato. In queste settimane abbiamo assistito a troppi interventi di Governo, troppi DPCM, regolamenti, circolari e sicuramente Protezione Civile, Regioni e Comuni non coordinati. Abbiamo assistito inermi alle procedure troppo complicate per produrre mascherine o per richiedere i bonus.
Noi cittadini siamo perennemente arrabbiati nel continuo confronto quotidiano con gli uffici pubblici. Le infrastrutture funzionano male (basta collegarsi al sito INPS) eppure sono decine di anni che tutti i ministri provano a fare riforme.
Adesso la situazione appare diversa, non appena avremo superato la crisi sanitaria, non avremo tempo per avviare una lunga e complessa riforma della burocrazia. Tutti gli esperti di Ordine Costituzionale concordano sulla necessità di fare ripartire il Paese con pochi interventi mirati e efficaci.
Il nostro augurio è che con il decreto di maggio vengano risolte alcune grosse problematiche attraverso una sburocratizzazione e una semplificazione di cui il nostro Paese ha veramente bisogno. Oltre ad essere un intralcio alla vita delle persone e un freno all’innovazione, la nostra burocrazia ha un costo enorme, sia nel pubblico che nel privato. È chiaro che la nostra organizzazione sociale e il nostro modo di vivere sono destinati a cambiare. Questa non sarà un opzione ma una necessità.
Il filosofo Max Weber scriveva che tra le strutture sociali la burocrazia è la più dura da abbattere. Col passare degli anni, secondo il filosofo, l’apparato burocratico si è notevolmente diffuso e sviluppato, sfociando in una “gabbia di acciaio”. Secondo l’idea weberiana la burocrazia non risparmia nessun settore della società: la pubblica amministrazione, il diritto, le scuole e la società.
Gli esempi più eclatanti in questo momento storico arrivano proprio dal diritto e dalla sanità. Ovviamente ciò che ci ha allarmato di più in questo periodo è stato la mancanza di mascherine e dei dispositivi di protezione. Paradossalmente a oggi le imprese che hanno convertito la loro produzione non possono commercializzare i presidi medici perché in attesa delle autorizzazioni necessarie.
La semplificazione amministrativa è un’esigenza per superare momenti di emergenza come l’attuale pandemia da Covid-19. Il segreto sarà affidare all’intelligenza artificiale tutte le funzioni ripetitive, gli algoritmi come soluzione ad alcuni provvedimenti amministrativi. Speriamo che questo momento possa rappresentare una svolta per abbattere la cattiva burocrazia del nostro Paese. Per non soccombere saremo obbligati a usare gli strumenti telematici come se fossero la nostra normalità.