I giocatori di calcio italiani scendono in campo con una V rossa dipinta sul volto per protestare contro la violenza nei confronti delle donne. In contemporanea il governo scadente italiano ricorre in appello per evitare di pagare un minimo risarcimento ad una ragazza minorenne italiana violentata da due grandi risorse straniere che, mentre ci pagavano le pensioni, si dedicavano anche allo stupro.
Siamo di fronte, ancora una volta, alla buffonata dei gessetti colorati per combattere i criminali. Gessetti contro i terroristi, una V rossa contro gli stupratori ma, in questo caso, anche contro il governo Gentiloni che fa cassa persino con le violenze sessuali. Già, perché la vittima non solo non ha ricevuto il risarcimento, ma ha pure dovuto pagare le spese processuali.
Eppure l’Unione europea impone agli Stati di risarcire le vittime quando i criminali risultano nullatenenti e non possono pagare. In questo caso gli stupratori non avevano i soldi (accade quasi sempre perché i colpevoli intestano ad altri le proprietà prima del processo) e, dunque, almeno il risarcimento sarebbe stato a carica delle casse pubbliche.
Il governo ha fatto finta di niente, la ragazza si è rivolta al tribunale che le ha dato ragione e il governo si è opposto.
Però lo stesso governo che nega i soldi alle vittime, li utilizza per campagne pubblicitarie sul tema della violenza. Record di ipocrisia, di grettezza, di squallore.
Gli aggressori, nel frattempo, escono dal carcere sempre con largo anticipo per “essere messi in prova”, per “percorsi di recupero”. L’importante è che nessuno paghi, che nessuno sconti la pena. L’effetto di deterrenza delle condanne è nullo, se non c’è la certezza di scontare la pena.
Anzi, in Italia c’è la certezza di non scontarla e questo rappresenta un invito a commettere nuove violenze.
Nessun problema, però. Un segno rosso sul volto di un calciatore e tutto si risolve. D’altronde non sono stati i gessetti colorati a sconfiggere l’Isis?