Mentre in Germania tramontava definitivamente l’astro di Angela Merkel, i media nostrani si sono tuffati sulla notizia dell’exploit tutto al femminile delle elezioni in Islanda. Nelle elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale, infatti, ben trenta dei seggi, su un totale di sessantatrè, sono andati a donne. Pazienza che non sia stato confermato il dato dei primi risultati che assegnavano addirittura tre seggi in più alla componente femminile. In tal caso si sarebbe trattato di maggioranza assoluta. Tuttavia il fatto è stato di sicuro eclatante e ha conquistato uno spazio centrale sulle prime pagine dei quotidiani di lunedì scorso, tra commenti sulle elezioni tedesche, attacchi ai no-vax e commenti sulla sesta giornata del campionato di calcio di Serie A.
Però chi, come Linda Laura Sabbadini su La Stampa, ha parlato di imbarazzo nei confronti degli elettori e degli eletti – ma soprattutto delle elette – della Terra dei Vulcani e dei Ghiacciai, non tiene conto di una serie di considerazioni che con il sessimo e con il politicamente corretto non hanno nulla a che fare.
È pur vero che la politica, da sempre, è stata considerata “roba da uomini”. Ma senza scomodare le grandi figure femminili che hanno fatto la storia, da Semiramide a Caterina la Grande, da Elisabetta I alla Regina Vittoria, è necessario ricordare che anche in tempi più recenti donne statiste se ne ricordano parecchie, dalla già citata Merkel a Margaret Thatcher, per citare solo le due più note. Segno che è pur vero che le donne in politica devono fare il doppio degli sforzi dei colleghi maschi per emergere; ma è altrettanto vero che se hanno i numeri, l’intelligenza, le capacità e il carisma giusto ce la possono fare, eccome! Anche perché quanto a tenacia, caparbietà e ambizione sono in grado – tutte! – di mangiare in testa a qualsiasi competitor maschio.
Resta tuttavia il fatto che in Italia siano poche le donne che tentano l’avventura in politica. Tanto che, qui da noi, si è dovuto ricorrere all’imposizione delle “quote rosa” per garantire una rappresentanza femminile negli organismi di gestione pubblica. Ma in questi ultimi giorni di campagna elettorale sono in molti a ricordare quanta fatica si sia fatta per riempire le liste elettorali con il quaranta per cento di donne imposto dalla legge. E nel momento in cui si dovranno formare le giunte che amministreranno gli oltre mille comuni che domenica e lunedì prossimi andranno al voto, si capirà quanto sia difficile individuare la componente femminile che, anche in questo caso, è prevista dalla legge.
Ma va anche ricordato che, pur essendo le donne in maggioranza allorché si contano coloro che hanno diritto al voto, le donne elette sono sempre poche rispetto agli uomini. Segno che le donne non votano le donne. E mai nessuno ha fornito dati sull’affluenza al voto in base al genere. In tal caso forse si scoprirebbe che le donne, pur essendo in maggioranza, si recano alle urne in numero minore rispetto agli uomini.
Ma se nel vostro comune avrete la possibilità di scegliere se votare, diciamo, un candidato sindaco donna o uomo, non abbiate esitazioni: scegliete la donna. Raggi e Appendino hanno fallito? Vero. Ma le capacità di gestione, la grinta, la concretezza e le abilità diplomatiche di una donna saranno sempre superiori a quelle di un uomo. Con un uomo ci puoi litigare: ma prima di farlo con una donna ci si pensa mille volte.