<<Il senso di ogni civiltà sia appunto quello di disciplinare, con l’educazione la bestia da preda “uomo” così da farne un animale mansueto e civilizzato, un animale domestico>>, evidenzia Nietzsche in Genealogia della morale, e con 134 anni di anticipo profetizzava il trionfo di questa decadenza nella contemporaneità della farsa epidemica.
I terroristi sanitari – Burioni, Bassetti, Pregliasco, Galli, Ricciardi e altri della banda sediziosa – si avvalgono proprio di alcune parole-chiave recuperabili nel pensiero del filosofo citato.
Invocano la disciplina nell’operazione sanificatrice: non quella eroica e gerarchica dei guerrieri, ma quella vile e omologata del gregge plebeo. Peggio ancora. Spacciano l’ubbidienza come un valore da interiorizzare, da fare proprio come stile di vita e di pensiero, sulla scia vergognosa di quell’autocensura denunciata da Orwell come congelamento volontario di ogni pensiero critico.
Farneticano di educazione falsificandone il contenuto simbolico. Le loro proposte non sono educative nel senso etimologico di fare emergere, di portare fuori, il meglio di ogni persona, ma sono esempi concreti di insegnamento, da quell’insegnare che nel tardo latino significa incidere, imprimere dei segni. Dove? Sul carattere, naturalmente, sulla psiche, sulla personalità, sulle competenze sociali, sulle abilità relazionali, sulle facoltà di introspezione, sulle capacità di esame della realtà.
Si appellano al senso civico, alla responsabilità della società civile, per diffondere il catechismo della manipolazione e il magistero della loro pseudoscienza. E proprio nel profumo inebriante della solidarietà umanitaria si cela il veleno inodore del controllo reciproco, della delazione e del sospetto generalizzato. In quella che Giorgio Agamben chiama <<Biosicurezza e politica>> c’è il veleno della paranoia, il fallimento del razionalità, il dissolvimento del buon senso.
Ora, di fronte alla metastatizzazione dell‘arrendevolezza, dell’accondiscendenza e del comportamento sottomesso variamente infiltrato, non resta che accendere quella volontà di potenza che è implicita nella determinazione a vivere, nella pretesa di verità, nell’orgoglio di autodecisione.
Pericle, degli Ateniesi, metteva in evidenza <<la loro indifferenza e il loro disprezzo per la sicurezza, il corpo, la vita, gli agi, la loro terribile serenità e la profondità del godimento in ogni distruzione, in ogni voluttà di vittoria e di crudeltà>>. Quel popolo fece la Storia, anche con quella che oggi i falsari della mansuetudine definiscono barbarie. E barbarie sia, per <<potersi liberare dalla vista disgustosa dei malriusciti, dei meschini, degli intriganti e intossicati>>.
Agli altri lasciamo le cronache sdolcinate dei remissivi e i bollettini sanitari dei fifoni.