Oggi la Calabria è ultima in Europa per servizi sanitari, ultima in Italia per LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e senza un progetto che possa cambiare lo stato delle cose. La sanità calabrese, infatti, è commissariata ininterrottamente da parte dello Stato dal mese di Agosto 2010. Sono passati oltre dieci anni, e il territorio non ha alcuna competenza in materia sanitaria locale, a differenza delle altre Regioni.
Conta meno contagi di altre Regioni ma il sistema sanitario già fragile è stato rafforzato poco o nulla in questi mesi. Per questo motivo si ritrova in zona rossa con Piemonte, Lombardia e Valle D’Aosta. Con la delega che lo Stato Italiano ha fatto alle Regioni, ci ritroviamo con 20 sistemi sanitari differenti.
In Calabria abbiamo una spesa sanitaria pro-capite più bassa d’Europa, una altissima migrazione sanitaria, pochissimi posti letto, e se la pandemia che stiamo affrontando, che ha messo a nudo tutte le carenze della Sanità, avesse investito la Calabria come accaduto in Lombardia, oggi staremmo parlando di un’autentica ecatombe.
La situazione è drammatica, in particolare dopo il commissariamento di Scura che ha tagliato servizi e strutture in ossequio ad un Piano di Rientro dal debito che non ha dato frutti. Adesso è il momento di riprogettare la Sanità calabrese, utilizzando i fondi europei anche in vista di un possibile ritorno dell’emergenza covid-19 che, con i nuovi focolai nell’Europa dell’Est e nel Nordafrica, potrebbe diffondersi nel meridione con conseguenze terribili.
Un commissario per la sanità calabrese con una Regione in zona rossa dopo il nuovo Dpcm di Giuseppe Conte. Nella bozza del decreto recante disposizioni urgenti per il servizio sanitario della regione Calabria si legge infatti della necessità di nominare un commissario ad Acta “al fine di assicurare, nella Regione Calabria, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) secondo gli standard delle prestazioni a livello nazionale e garantire il fondamentale diritto alla salute”.
Il commissario dovrà mettere i conti a posto e per farlo avrà a disposizione 60milioni l’anno, ma soprattutto sarà lui a gestire le nomine di tutti i manager ospedalieri. Sarà sempre lui a vigilare sull’attuazione del piano Covid e definire quello triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, ospedaliera e territoriale della Regione. È necessario adeguare l’offerta di salute a quella garantita nel resto del Paese.
La sanità in Calabria è scoppiata ed è certo che con l’attuale classe politica, la Calabria non scioglierà mai il nodo sanità, che può essere definitivamente risolto solo con professionisti seri e preparati, capaci di promuovere una radicale riforma del sistema sanitario, mettendo da parte ogni interesse economico di natura differente rispetto a quello della salute dell’individuo.
In oltre dieci anni di commissariamento, con uomini scelti da Roma, si è passati da 150 milioni a 900 milioni di debito, quando in altre regioni i commissari hanno recuperato il debito e, contemporaneamente, ristrutturato la sanità. Qui le infrastrutture sono state cancellate oppure sono comunque inadeguate ai tempi. E i cittadini sono costretti all’emigrazione sanitaria. La discrepanza tra Nord e Sud è notevole ed è determinata da due fattori: la spesa storica e i parametri, penalizzanti per le popolazioni del Sud, con la conseguenza che i fondi destinati alla sanità meridionale sono di circa il 20% inferiori al fabbisogno. Bisognerebbe ritornare a una gestione nazionale della sanità.
Non vi sono più giustificazioni per tollerare una classe politica di sì tale scadente portata: i calabresi dovranno, una volta per tutte, evitare di cadere nei tranelli di promesse personali pretendendo invece, garanzie di tutela di tutto ciò che è bene comune, garanzie queste che solo politici seri, onesti ed umili possono assicurare. Purtroppo l’impreparazione, l’inefficienza e l’incompetenza degli attuali rappresentanti regionali, espressione della peggiore classe politica, penalizza l’intero territorio.
La realizzazione dei posti letto dipendeva esclusivamente dal Governo, è l’ennesima offensiva presa in giro che la Calabria non può sopportare. Le parole di Jole Santelli, scritte in una lettera inviata a Conte, un mese prima di morire furono profetiche: “Scrivo da una Regione in cui i diritti dei cittadini sono troppo spesso calpestati. La Calabria – diceva Santelli – è una terra che ha tante potenzialità ma anche troppi, troppi problemi irrisolti. Il più importante dei diritti calpestati è quello alla Salute. Siamo vittime da anni di un commissariamento governativo che, improntato esclusivamente a logiche meramente ragionieristiche, ha distrutto la sanità calabrese. In questo le responsabilità politiche devono essere chiare e nette”.
“Tutte le scelte sanitarie – prosegue la lettera – competono in Calabria al Governo ed ai suoi commissari. Sono stata attenta ad evitare lo scontro istituzionale, non credo faccia bene a nessuno, ma chi decide di commissariare e di effettuare le scelte, poi deve avere il coraggio di assumersi la responsabilità che ne conseguono. La fase Covid è stata gestita dalla Regione in assoluta sintonia con il Governo nazionale. Il nuovo piano sull’emergenza, invece, su richiesta dei commissari è stato predisposto dagli stessi senza alcun coinvolgimento della Regione, e varato dal Ministero competente. Il nuovo piano ribalta totalmente l’impostazione precedente e per quanto mi riguarda lo trovo di difficile attuazione. Nella riunione con il commissario Arcuri e i ministri Speranza e Boccia, Arcuri ha specificato che nelle Regioni in cui è presente il commissariamento ad acta, la Regione non è soggetto attuatore. Non m’interessa essere soggetto attuatore di un piano che non condivido, ma è necessario che i calabresi sappiano che il Governo si sta assumendo tutta le responsabilità della gestione sanitaria del Covid in Calabria e che la Regione è stata totalmente esautorata.”