“La riconoscenza è la virtù del giorno prima”. La Lega piemontese ha reagito così alla decisione di Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino per il centrodestra proprio in quota Lega, di abbandonare il fronte dell’opposizione in Comune. Sarà anche vero che è mancata la riconoscenza, ma è sicuramente mancata l’autocritica dei leghisti che hanno imposto un candidato facendo finta di non sapere e di non capire che, Damilano, nulla aveva a che fare con l’intero centrodestra.
Ennesimo candidato sbagliato dalla Trimurti. Sbagliato perché ha perso, sbagliato perché era totalmente estraneo all’area che si era ritrovata a doverlo sostenere obtorto collo. Eppure non una parola è stata detta per chiedere scusa agli elettori. In fondo è stato più coerente proprio Damilano, che di destra mai è stato. E neppure di centrodestra. Così i grandi strateghi della Trimurti hanno regalato voti e consiglieri ad una formazione, Torino Bellissima, che non si è neanche troppo affaticata, in questi mesi, per provare a svolgere il compitino dell’opposizione.
Non che gli eletti della Trimurti si siano distinti per impegno ed efficacia. Ma la quarta gamba della coalizione è stata imbarazzante.
Ora, però, Damilano può pensare in grande. In vista delle elezioni politiche del prossimo anno e delle successive regionali. Il marchio Piemonte Bellissimo è già stato depositato. Mancano programmi e persone, ma nella politica attuale questo è poco importante. Si ritroverà con Bucci, Brugnaro e, a scendere, con Osvaldo Napoli. In attesa che in questa area grigia approdino anche Brunetta, Carfagna, Gelmini. Magari aprendosi anche a Calenda, e poi Renzi. Giocando su due tavoli per farsi corteggiare, per ottenere più poltrone, più strapuntini.
Pronti, dopo aver sputato sul centrodestra che li ha eletti, a trattare con il centrodestra per una nuova candidatura. Tanto gli elettori non contano nulla ed i capetti locali della Trimurti impongono chi vogliono, fregandosene dei sudditi, della coerenza dei candidati, della capacità e competenza. Salvo, poi, fare gli offesi di fronte agli abbandoni o cascare dal pero quando il super candidato viene super trombato dal voto.