Annunciano la neve. Un’improvvisa coda dell’inverno. Un vento gelido si è alzato all’improvviso. E sui parabrezza è ricomparsa la brina.
Eppure, appena ieri, sembrava già primavera. E inoltrata. Gli alberi stavano gettando le gemme. Le mimose in piena fioritura. Certo, è ancora la prima metà di febbraio.. E l’improvvisa caduta delle temperature non è, poi, cosa insolita. Ma ha colto tutti un po’ impreparati. Anche perché, appunto, il Meteo pronostica neve. Non solo in Trentino che, tutto sommato… ma anche qui, a Roma. Che è fenomeno raro, più che inusuale. Ed ogni volta trova la città impreparata, gettandola nel caos. Ammesso che vi possa essere una qualche forma di caos maggiore di quello ordinario e quotidiano in cui, obtorto collo, si è costretti… Stavo per dire “a vivere”… Ma, guardandomi intorno per strada, e vedendo pallide ombre infagottate con tanto di mascherine, che quasi strisciano lungo i muri quando si incontrano, capisco che l’espressione giusta è altra… “a trascinare l’esistenza”.

Comunque l’inverno continua. E sarebbe facile abusare ancora del Riccardo III. L’inverno del nostro scontento. Ma ormai ogni stagione, indipendentemente dal clima, si è fatta tale “inverno”. Ed è quasi futile parlarne…
Piuttosto, penso alla neve. Pronosticata soltanto, per ora. I bambini ne sarebbero felici. I bambini come mio figlio, che più volte mi da chiesto :”Ma qui non nevica mai?”.
E, forse, qualche genitore permetterebbe loro di giocare liberi nei piccoli parchi, scagliarsi palle di neve, rotolarsi. Fare l’angelo. Magari costruire un pupazzo, con un vecchio cappello, una pipa rotta…una carota per naso. Come sempre hanno fatto i bambini, da che ho memoria. Forse, se nevicherà davvero, potranno sentirsi liberi, perché i biechi vigilanti della correttezza sanitaria, la Vedove di Conte, gli spioni mascherinati, se ne staranno in casa, rintanati, per timore del freddo. Che, come si sa, favorisce i contagi… O così dice la vulgata, almeno…
Penso alla neve. A questa, possibile, neve, tutto sommato inusuale e tardiva. E, inevitabilmente, la mente stanca riallaccia i fili di tante memorie, li intreccia… Memorie reali, e memorie di libri, di film… Immagini e parole…
La neve tra i ciliegi descritta da Mishima nei capitoli iniziali del primo libro della Tetralogia. Il capolavoro nel capolavoro. Scena di rara delicatezza. E insieme di incredibile potenza. Una china su carta di riso. Pochi tratti, tracciati da un maestro del ‘600, dopo lunga e silente contemplazione…

E un’altra neve. Che è, invece, vera rimembranza. Sensazione fisica che ritorna. Per le vie di Volterra, mute e cupe, i vestiti tutto sommato troppo leggeri. La neve sui capelli. E finanche ad accecare gli occhi, rendendo, come attraverso un vetro incrinato, la percezione di quel dedalo di viuzze medioevali, dai quali avevo sempre la sensazione di sentir risuonare voci ancora più antiche… Il Museo Etrusco, poi. Un poco di tepore ammirando urne e sarcofagi. Poi di nuovo fuori, con la neve che si era fatta tormenta…
Guardo il cielo. È davvero grigio e plumbeo. La minaccia di neve non deve essere, poi, così aleatoria. Comunque sarà al massimo una spolverata…. Peccato… Mi piace la neve… E soprattutto mi piacerebbe in un momento come questo. Una bella nevicata, a fiocchi larghi. Di quelli che ti fanno pensare al Natale e sentir la voglia di cantare Withe Christmas.. Anche se Natale è lontano e, come dice mio figlio, le renne staranno riposandosi del lungo volo, lassù, nella Dimora Polare…
Mi piace la neve. Anche perché porta con sé… il silenzio.
Un silenzio assoluto. Profondo. Al quale, forse, pensava il Leopardi nel vergare quel “sovrumani silenzi” nell’Infinito. Un Silenzio – la maiuscola è voluta, non il solito errore (dico al Direttore) – che comincia prima. Precedendo il primo fioccare. E poi avvolge ogni cosa. Perché, certo, non sarà scientifico, ma la neve assorbe ogni suono. Così come copre, con il suo bianco, ogni colore.
Ma la città, non è, da tempo ormai, anche troppo silenziosa? Una domanda scontata… Ma il silenzio della città, il silenzio di questi mesi è innaturale. È un silenzio rumoroso. Come se migliaia, forse milioni di voci lanciassero un unico, disperato e orrido, grido all’unisono. L’Urlo di Munch moltiplicato all’infinito. Un incubo iperrealistico… Che assorda.
Il Silenzio della neve è tutt’altro. È il tacere della Natura. È la vita sospesa e, al contempo, possente. È il rigenerarsi delle forze della Terra. Immagini di nani e coboldi indaffarati sotto la coltre abbagliante. Di un viandante solitario che avanza, il volto coperto da un largo cappellaccio, appoggiandosi ad un lungo bastone di frassino… E un lupo senza branco che lascia veloci impronte. Un falco librato in volo…
La poesia della neve e del silenzio. Remota da questa epoca… muta, ma non silenziosa…

Il cielo è sempre più carico. Il vento è freddo e settentrionale.
Speriamo…