La cultura yankee è perfettamente sintetizzata dalle profonde analisi del New York Times a proposito delle nuove tendenze del turismo. Il giornale dei fighetti liberal statunitensi, insomma la versione d’oltreoceano della gauche caviar, spiega infatti che l’acculturato turista nordamericano eviterà in futuro Roma, Firenze, Venezia. E, a maggior ragione, Atene ed Il Cairo. Motivazioni politiche? Nuova frontiera del politicamente corretto? Ennesima stortura della cancel culture? Macché, questione di temperatura.
Insomma, gli egizi, i greci, i romani, e poi i veneziani ed i fiorentini erano così maledettamente arretrati ed ignoranti da aver fondato le loro civiltà o da aver creato città/capolavoro in aree calde. E se proprio non volevano cambiare latitudine, in previsione del futuro arrivo dei turisti nordamericani avrebbero dovuto costruire le piramidi, i templi, anche il Colosseo in cima ad alte montagne. Mancavano le vette? Sarà mica colpa del New York Times. Che, dunque, si vede costretto ad indirizzare i suoi lettori progressisti verso Amsterdam o Stoccolma. Tanto i canali di Venezia sono identici a quelli di Amsterdam, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore è uguale uguale a Sjöstadskapellet di Stoccolma. E le piramidi si trovano anche a Oslo mentre di Partenone ce ne sono una infinità ad Helsinki.
D’altronde pretendere un interesse per la cultura da parte di un liberal newyorkese è eccessivo. Si fa turismo solo per piantare una bandierina sulla carta geografica da mostrare agli amici. I dati sugli arrivi degli americani in Italia smentiscono, per quest’anno, le indicazioni del Nyt, ma il dato di realtà è irrilevante per i promotori della cancel culture.
Però, al di là della guerra statunitense contro la cultura, è anche vero che il cambiamento climatico potrebbe modificare la struttura stessa del turismo. Rilanciando la mitica e misteriosa “terza stagione”. Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Terza stagione, quel periodo dell’anno che segue l’estate e precede la stagione dello sci o lo svernare in Riviera. Un tempo si chiamava “autunno”, ma sarebbe troppo semplice. Anche perché uno scampolo di Terza stagione può essere collocato tra la chiusura degli impianti di risalita e l’apertura degli stabilimenti balneari.
In ogni caso se ne parla ancora ma si evita accuratamente di trasformarla in realtà, in attrattiva turistica. Può andar bene per le città d’arte, anche per le città in generale alle prese con fiere, mostre, concerti. Ma le località turistiche classiche non sono interessate. Dovrebbero pensare ad iniziative, dovrebbero organizzare eventi e manifestazioni, dovrebbero fare promozione e comunicazione. Troppo faticoso, troppo impegnativo. Tutt’al più, se i turisti dovessero diminuire in estate, si può chiedere al governo di preparare qualche contributo a fondo perduto.