Gli imprenditori, il mondo universitario (docenti e studenti), gli uomini d’affari e persino una gran parte della base militante del partito di governo dei sandinisti FSLN stanno voltando le spalle a Daniel Ortega ed alla moglie e vice presidente Rosario Murillo, dopo la sanguinaria repressione delle proteste autoconvocate, iniziate il passato 19 aprile, che comunque non accennano a diminuire.
Sono ormai piú di 60 i morti, centinaia i feriti oltre ad almeno una ventina di “desaparecidos”
Il Nicaragua attraversa giorni complicati e drammatici, ma per alcuni sono speranza di cambiamento e significano l’inizio di qualcosa di meglio.
A nulla è servito l’annuncio del dittatore del paese centroamericano di aver ritirato la legge che aveva modificato il sistema di sicurezza sociale e che aveva generato le proteste e le dimostrazioni.
Ora l’agenda della protesta non riguarda semplicemente il sistema delle pensioni, ma tutto il sistema di governo autocratico, socialista e corrotto di Ortega che ha fatto esplodere l’insofferenza della maggior parte della popolazione.
I nicaraguensi hanno sofferto dittature per decenni durante la loro storia, ed una delle piú longeve, quella della famiglia Somoza, venne abbattuta anche grazie alla lotta militare del movimento sandinista, di cui Ortega era una delle facce visibili, uno dei Comandanti della Rivoluzione.
Hanno torto coloro che affermano che in Nicaragua sono stati abituati a vivere in schiavitù, perché ci sono sempre state rivolte e lotte della società per liberarsi dai gioghi dittatoriali, e questi giorni di sangue ne sono una prova.
Oggi, nell’attesa della creazione di un “tavolo del dialogo” con la mediazione della Chiesa Cattolica, diversi analisti concordano sul fatto che in questi 11 anni di controllo assoluto dello stato, Ortega si é mantenuto fondamentalmente grazie ai gruppi di potere che apertamente lo hanno sostenuto, e sulla ferrea organizzazione, anche paramilitare della militanza sandinista.
La repressione violenta e gli assassinii di adolescenti e giovani disarmati, ha creato un solco ed ha lasciato solo Ortega che, nell’ultima presentazione pubblica, nonostante l’enorme investimento dello stato per riempre la piazza in suo appoggio, non ha riunito piú di 20/30.000 persone.
La questione è se il dittatore possa mantenere il controllo ora che i suoi principali alleati lo hanno abbandonato.
Molti confrontano la situazione nel Nicaragua con quello che succede in Venezuela, dove non esiste un partito politico che rappresenti una vera opposizione. Nemmeno in Nicaragua appare per ora un movimento politico o un leader a guidare la rivolta, ma questa è forse la vera forza della società civile autoconvocata: è forte, è esasperata ed è disposta a rovesciare il dittatore.
Vedremo presto la caduta della dittatura della famiglia Ortega Murillo?