Il voto non piace ai nigeriani, e piace ancor meno se sono giovani. Così in un Paese con 200 milioni di abitanti, il presidente rieletto Muhammadu Buhari ha ottenuto circa 15 milioni di voti contro gli 11 milioni dello sfidante Atiku Abubakar.
Un successo ottenuto tra mille polemiche che spaziano dalle accuse di brogli elettorali a quelle sulla totale incapacità del settantaseienne presidente di affrontare i problemi della Nigeria. Senza dimenticare, ovviamente, le accuse di corruzione.
A scaldare gli animi (si parla di decine di morti negli scontri, forse provocati dai terroristi di Boko Haram) ha contribuito la decisione di Buhari, leader dell’Apc (Congresso di tutti i progressisti) di rinviare il voto dal 16 al 23 febbraio a poche ore dall’apertura dei seggi. Secondo l’opposizione del Pdp (Partito democratico popolare), il rinvio improvviso sarebbe stato deciso per dare il tempo di contraffare le schede elettorali in modo da permettere la rielezione di Buhari, l’ex generale che aveva fatto parte del governo militare prima del ritorno alla democrazia.
Ma, sempre secondo l’opposizione, il rinvio sarebbe stato annunciato mentre molti nigeriani erano in viaggio proprio per votare e, a quel punto, sarebbero tornati indietro rinunciando ad un nuovo viaggio la settimana successiva. E di certo non sono tornati in massa i nigeriani presenti in Italia dove hanno creato un’associazione mafiosa che compete con Camorra, Mafia e ‘Ndrangheta. In realtà anche a Lagos, il centro nevralgico della Nigeria, la partecipazione al voto non ha superato il 18%, a dimostrazione di una sfiducia generale nella politica locale. Il dato complessivo, tra l’altro, è in calo rispetto alle precedenti elezioni, proprio a rimarcare la sfiducia generale.
In particolar modo per quanto riguarda la lotta contro Boko Haram. Buhari aveva vinto le elezioni del 2015 promettendo di eliminare i terroristi e invece oggi il loro numero è valutato in oltre 5 mila combattenti, affrontati da soldati male armati e peggio addestrati.