“La scuola non deve premiare il merito. La scuola pubblica non deve occuparsi dei migliori ma deve procedere al passo degli ultimi”. Sono i miracoli dell’inclusione secondo uno dei manifestanti intervistato dalla tv di stato. Dunque l’Italia del futuro dovrà rassegnarsi ad avere medici che non sanno curare, ingegneri che non sanno costruire, giornalisti che non sanno scrivere, ricercatori che non trovano nulla, operai che non sanno lavorare, imprenditori che non sanno intraprendere, venditori che non sanno vendere.
Certo, già adesso non mancano esempi di questo genere. Però ci sono ancora persone che conoscono il proprio mestiere. Ci sono ancora neodiplomati e neolaureati che sanno leggere e scrivere. Però i nuovi studenti che scendono in piazza per protestare contro il nulla (perché nulla il governo ha fatto per ciò che riguarda la scuola) ritengono eccessiva, classista, discriminatoria una scuola futura che avesse l’obiettivo di premiare l’intelligenza, lo studio, l’impegno, la capacità personale.
E lo dichiarano pure, i nemici di Valditara. Sempre che conoscano il nome del nuovo ministro che, al momento, si è limitato a parlare di “merito”. Alla gauche fainéante italiana il merito fa paura, l’intelligenza non piace. La scuola deve escludere i migliori, deve castrare le loro potenzialità, deve ignorare i loro interessi. Vadano altrove. Perché la scuola pubblica deve essere, e lo ribadiscono, la scuola dei peggiori. Deve seguire e promuovere chi non studia perché non ne ha voglia; deve garantire che i migliori non vadano al di là di ciò che sanno i peggiori; deve ripetere mille volte le stesse cose affinché i meno intelligenti riescano a capirle e non si sentano mortificati da chi le ha comprese al primo colpo.
Andamento lento, lentissimo. Mentre, al di là dei confini, il mondo corre veloce. Un programma sempre più limitato, per non affaticare chi non ce la fa e chi non vuol farcela. Non basta che già adesso si esca dalla terza media con una preparazione inferiore a quella di una quinta elementare di qualche anno fa. E di una terza elementare di qualche decennio orsono. Non basta che escano dal liceo giovani non in grado di comprendere un testo in italiano. Che ottengano una laurea coloro che non sanno scrivere una tesi senza una infinità di errori di ortografia.
Per la gauche fainéante questa scuola è ancora troppo selettiva, troppo poco inclusiva. Hanno ragione: troppi laureati e diplomati ricevono proposte di lavoro dall’estero, a dimostrazione che il livello (non di tutti) è ancora accettabile. Bisogna intervenire subito per frenare la fuga dei cervelli. E la soluzione è semplice. Basta ridurre i cervelli, basta ridurre la preparazione, basta cancellare il poco merito rimasto.