Noi tutti crediamo in Dio..
così l’ayatollah Khomeini rispose a Giovanni Paolo II. Che, nel pieno della crisi degli ostaggi dell’Ambasciata Statunitense, lo invitava a trovare una soluzione pacifica, o per lo meno non conflittuale, alla tensione con Washington.
È solo un esempio, fra i tanti, di come l’elemento religioso influisca sulla scena geopolitica. Oggi come ieri.
Perché è da miopi, o meglio da afflitti da cronica cecità ideologica voler credere che siano solo i fattori economici a determinare il destino dei popoli. A causare conflitti. O a favorire la pace.
Guardare solo al fatto economico, scrisse Rudolf Steiner, è come prendere in esame di un uomo solo le gambe. E dimenticare tutto il resto.
La religione, e, in senso più lato, la vita spirituale dei popoli, è elemento fondamentale della storia. Chi può immaginare il passaggio del centro dell’Impero romano da Roma a Costantinopoli, senza tenere conto della conversione al cristianesimo iniziata con Costantino e portata avanti con sempre maggiore decisione da Teodosio? Sarebbe impossibile comprendere appieno la trasformazione non solo della politica, ma anche della natura stessa dell’Impero.
E come leggere davvero la nascita degli Stati Nazionali, senza guardare allo scisma della Riforma e alle Guerre di Religione che insanguinarono l’Europa per oltre un secolo?
Ma non si tratta solo di storie di ieri… di roba vecchia, come tendono a credere troppi improvvisati analisti politici , e geopolitici (nuova moda primavera) odierni.
Un pregiudizio – in verità alquanto supponente – che è solo l’estremo portato di una nuova, animale, “fede”. La “fede nel nulla”, come l’ha, icasticamente, definita di recente il professore Antonino Zichichi. Una forma estrema di nichilismo, che si ammanta di pretese “scientifiche”. E che non ha più nulla del nichilismo eroico, e drammatico, di cui parlava Dostoevskij .
Le vicende geopolitiche (e politiche) a noi contemporanee, il Mondo che ci circonda, non possono venire comprese, né spiegate, senza guardare alla Religione. Senza parlare di Dio.
Non si possono spiegare le guerre. La Fitna, il secolare conflitto tra Sciiti e Sunniti che divide l’Islam. E che è ancora la radice della guerra in Siria. E di quelle che insanguinano Yemen e, più sotto traccia, Libano…
La tensione che periodicamente riesplode fra Pakistan ed Unione Indiana… Quella sempre latente fra Azerbaigian e Armenia. Senza dimenticare (anche se cercano di nasconderla) la forte rivalità tra cattolici e protestanti nell’Ulster… sono tutti conflitti, talvolta guerre, altre volte focolai di rivolta nei quali l’elemento religioso ha una parte fondante. Per certi aspetti preponderante.
E, come ho già scritto, questo vale anche per la guerra Russo-Ucraina. Perché l’etica individualista, la visione del mondo cui si richiamano oggi le (cosiddette) élite occidentali che si muovono dietro Kiev, è opposta a quella proclamata dal Cremlino. L’antica fede dei popoli slavo-ortodossi contro la nuova”religione del nulla”. Certo, non spiega tutte le ragioni del conflitto. Ma ne illumina aspetti troppo spesso sottaciuti.
Vi è, dunque, un Dio della Guerra, un Dio degli Eserciti… ma esiste anche un Dio della Pace?
La religione, o meglio la religioni, possono divenire – al di là dei proclami formali – strumento di dialogo fra popoli e culture? Nel rispetto delle diversità, e senza la pretesa di ridurre forzatamente tutto ad un unico, informe e insapore, pappone?
La frase di Khomeini sembra alludervi. Noi tutti crediamo in Dio.
Ma va compresa. E interpretata al di là di facili retoriche e ancora più facili sentimentalismi.
Ci proveremo proprio oggi. Alla ventesima edizione del Wks de “Il Nodo di Gordio” a Montagnaga di Pinè. Parleremo de “Il Dio della Guerra, il Dio della Pace” con l’intervento di esponenti delle diverse religioni, diplomatici, studiosi, militari…
Un tentativo. Per cercare di gettare almeno uno un, pur sottile, raggio di diversa luce, sull’oscurità della attuale scena geopolitica.