Esiste un sottile fil rouge che lega la pittura di Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy. A dimostrarlo la mostra dal titolo “Accadde in Versilia”, prodotta dalla Società di Belle Arti con il Comune di Forte dei Marmi e Fondazione Villa Bertelli, visitabile presso il Forte Leopoldo I fino al 5 novembre prossimo.
Essa fornisce una lettura “in punta di pennello” di quei magici anni che la Versilia visse a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando il paesaggio era incredibilmente armonioso, il clima e le acque vi calamitarono il bel mondo e non solo. Si trattò di personalità attratte dai bagni, ma anche dall’ambiente culturale creato dai cenacoli artistici, letterari e musicali.
“Accadde in Versilia”, che si avvale della curatela di Elisabetta Matteucci, Francesca Panconi e Claudia Fulgheri, focalizza la sua indagine su tre protagonisti di quel magico momento, Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy. Al pianterreno le opere di Plinio Nomellini dimostrano come l’artista orienti il suo linguaggio agli inizi degli anni Novanta dell’Ottocento verso nuove sperimentazioni, sia divisioniste, sia grazie alle frequentazioni di Pelizza da Volpedo, sia neo impressioniste, importate da Parigi. La svolta simbolista alla sua pittura avvenne nel 1903 con l’incontro con Giovanni Pascoli.
La selezione di sue opere è anticipata dalla grande tela di Giuseppe Viner intitolata “La semina”, parte del trittico “Terra madre”, esposto nel 1906, in occasione dell’inaugurazione del valico del Sempione.
Nomellini qui racconta la straordinaria quotidianità che trascorse in Versilia, come nell’opera “Cantiere”, nel 1904, o la semplice ritualità domestica come in “L’ora della cena” del 1898 o in “Ore quiete” del 1898, o il folklore paesano come nello splendido dipinto intitolato “San Frediano a Lucca”. I suoi quadri comunicano immagini di civiltà contadina, vera protagonista e depositaria di un luogo primigenio ancora preservato dal caos della modernità.
Diplomatosi alla Scuola d’ Arti e Mestieri di Livorno nel 1884, Plinio Nomellini fu allievo di Giovanni Fattori tra il 1885 e il 1888 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove conobbe Pellizza da Volpedo. Sarà proprio Nomellini a spingere l’amico verso il divisionismo, sollecitandone gli interessi sociali. A Firenze gli stretti rapporti con Silvestro Lega e Telemaco Signorini lo conducono verso la pittura della macchia, tralasciata sul finire degli anni Ottanta in favore del crescente interesse per le novità impressioniste e neoimpressioniste importate dal compagno di studi Alfredo Muller e palesi nelle opere esposte alla Promotrice di Firenze del 1890/91. Nelle estati del 1891 e 1892, dopo il trasferimento a Genova, sperimenta la scomposizione cromatica lavorando con Giorgio Kienerk e Angelo Torchi.
Le ridenti e pacate immagini offerte della Versilia da Nomellini e da Moses Levy sono bruscamente deviate dal potere magmatico dell’espressionismo di Lorenzo Viani, che mette a punto un suo alfabeto adatto a descrivere il volto più scuro di quella terra e del popolo di diseredati che la abita. È il caso dell’immagine ieratica della “Moglie del marinaio”, dell’opera dal titolo “Sul molo”, di quella intitolata “In attesa delle barche”, “Peritucco con il fiocco rosso”, viandanti e del vecchio pescatore e il dipinto della figlia a scuola
La sua è un’arte che si ispira molto spesso alla dimensione drammatica della vicenda quotidiana degli umili, di chi fieramente si oppone o con fatica sopporta la durezza della vita. Con il disegno Viani è in grado di catturare la miseria, ma anche la speranza che gli uomini portano scolpiti nei loro volti rugosi.
La terza sezione è dedicata a uno dei massimi esponenti della stagione artistica dei primi tre decenni del Novecento, Moses Levy. Tunisino di nascita scelse la Versilia come terra di elezione e divenne uni dei più ammirati cantori di quella che potremmo definire la tarda belle époque versiliese, rovesciò gli estetici iconografici presentati dal più grave scenario dipinto dall’amico Lorenzo Viani.
La sua pittura si evidenzia per lo stile personalissimo che si nutre delle contaminazioni europee di Cézanne e del cubismo, ma anche degli echi futuristi e metafisici e, proprio per questo motivo, non risulta etichettabile e sarà viatico per l’arte a venire.
Tra i capolavori in mostra figurano “Donna con cappello bianco”, “Cinema Eolo”, “Folla di sera sul lungomare di Viareggio” e la luminosa serie delle spiagge, “Profilo di giovinetto”, “Anna e l’amica”, che collocano Levy pienamente nel contesto italiano degli anni Venti, fino ad approdare a esiti di stupefacente modernità dell’espressionismo cromatico che si richiama a Matisse, nel quadro intitolato “Signora rossa al caffè “.
Moses Levy, di padre inglese e madre italiana toscana, approda in Italia nel 1895, prima a Vallombrosa, poi a Firenze e nel 1899 nella campagna pisana a Rigoli. Nel 1900 frequenta il Regio Istituto di Belle Arti e nel 1903, superato l’esame di ammissione, con Lorenzo Viani seguirà le lezioni alla Scuola libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti, frequentando i corsi di Giovanni Fattori. In seguito alla morte del padre, nel 1908 rientra a Tunisi, dove approfondisce le tecniche di incisione. Ritornato in Italia, stabilitosi con la famiglia a Viareggio nel 1918 partecipò attivamente alla vita culturale artistica versiliese, in compagnia degli amici Viani, Puccini, Pea, Salvatori, Di Giorgio, condividendo l’ispirazione derivatagli dalla città balneare, che lo porterà a realizzare un’opera come “Spiagge “.
Nel 1928 si trasferisce a parigi dove apre uno studio a Montparnasse e qui conosce Marc Chagall e viene influenzato dal genio di Matisse. Dal 1932, durante i vari spostamenti tra Viareggio e Parigi, soggiorna a Rapallo dove frequenta Michele Cascella, Rolando Monti, Enrico Paolucci. Il suo stile si distacca dall’influenza di Fattori e nelle sue tele iniziano a predominare il colore Mediterraneo, i colori forti, gli odori le impressioni dei suk arabi. Le radici della buona borghesia ebraica si fondono alla consapevolezza del viaggiatore e si esprimono nelle marine di Viareggio e nei bianchi a calce delle case tunisine.
La mostra “Accadde in Versilia” offre un nutrito spaccato su tre grandi pittori legati alla terra versiliese enucleando opere sorprendenti per la loro originalità compositiva e forza evocativa, che documentano l’aggiornamento di questo piccolo mondo circondato dalle Alpi Apuane alle nuove correnti che spiravano d’Oltralpe.