Questa è una fiaba… ma una fiaba strana. Direi rovesciata. Infatti inizia così.
Non c’era una volta…
Non c’era una volta un paese che, però, tutti (o quasi) oggi credono essere stato sempre indipendente. Dall’alba dei tempi.
Antico. Con una sua lingua e una sua storia.
Poco importa che, in quelle terre tutti, o quasi, gli scrittori (comunque quelli che avevano contato qualcosa), i poeti, i drammaturghi usassero un’altra lingua. Da sempre. E che la, fantomatica, lingua nazionale avesse per lo più un uso familiare e dialettale. Un utilizzo vernacolare, buono per scrivere, al massimo, alcune farse per le feste di paese.
Non c’era una volta un popolo, e men che meno una razza, diversa. Separata dai popoli limitrofi. E che si considerasse tale. Le genti di quel paese si erano sempre considerate affini, anzi sostanzialmente uguali a quelle vicine. Parenti e consanguinei. Con poche differenze. Perché la storia era una. Ed uno lo stato, o meglio l’Impero cui da sempre appartenevano.
Poi, però, quell’Impero, buono o cattivo che fosse (e in certi periodi era stato cattivo davvero) andò in pezzi. Aveva perso una lunga, lunghissima guerra. Una guerra… fredda. Senza scontri diretti con il suo maggiore nemico. Ma l’aveva persa, e questo era un fatto.
E allora il vincitore, per timore che questo Impero prima o poi tornasse a insidiare la sua posizione di comando, decise di frammentarlo. E così nacque questo Paese. Che non c’era. Non c’era mai stato prima.
Una costruzione a tavolino. Artificiale.
E si cominciò ad instillare nei bambini, fin dalle scuole elementari, l’idea che loro appartenevano ad un grande popolo. Diverso dai loro vicini. Che, fino a quel momento, erano loro fratelli. Si cominciò ad instillare odio, orgoglio nazionalistico, fasi miti.
Perché si doveva creare dal nulla un paese che non c’era. Che mai era stato. Ma che, da quel momento, cominciò ad esistere.
Certo, molti, moltissimi non erano d’accordo. Ed elessero un governo che voleva restare amico del popolo vicino.
Ma allora qualcuno, da lontano, fomentò (e riccamente finanziò) delle proteste. Delle manifestazioni. Infine un golpe. Che, però, fu chiamato “rivoluzione democratica”.
E allora arrivò un nuovo governo. Che nessuno aveva eletto. Ma che era democratico. E cominciò, subito, a perseguitare chi non era d’accordo. A vietare di parlare nella lingua che, da secoli, parlavano. O, per lo meno, parlava la stragrande maggioranza. Anzi, quasi il 40% parlava solo quella… ma non ne aveva più diritto.
In certe province cominciarono le proteste. Ma il nuovo governo mandò soldati e, soprattutto, milizie fanatiche. E feroci. Cominciarono i massacri. Per quasi 14 anni si cercò una soluzione pacifica. Ma il governo di questo paese la rifiutò sempre. O disattese ad ogni accordo firmato. E continuarono i massacri.
Ma questo governo aveva amici, protettori, potenti. E, nel resto del mondo, di quanto accadeva laggiù, o lassù, nessuno, o quasi parlava.
Fino a che il grande vicino, che era stato un Impero, non si stancò. E mandò i suoi soldati. Allora tutti strillarono che non era giusto. Che era violenza. E che bisognava respingerlo.
E così il governo di quel Paese che mai c’era stato prima, mandò i suoi uomini a morire in guerra. Invece di sedersi ad un tavolo e parlare di pace.
A morire, a migliaia, a decine, centinaia di migliaia. Inutilmente.
Mi fermo. Questa è una fiaba moderna. E una fiaba triste. Purtroppo senza lieto fine.
La fiaba di un paese che non c’era una volta. E che, se continua così, presto tornerà a non esserci.