È morto Marc Augé. Per la maggioranza delle persone, un nome che dice poco. O nulla. Per gli studi antropologici, una figura importante. Uno dei, grandi, antropologi sociali del secondo Novecento.
Si vabbè, si dirà…. e allora? Un autore, un pensatore di nicchia. Roba per pochi. Davvero pochi…
Giusto. Però Augé ha inventato una definizione importante. Che va molto al di là, per importanza, della sua teoria. Non-luogo.
Il non-luogo è un prodotto tipico della nostra modernità. Per questo il neologismo. Un luogo ove non si hanno radici, che non genera rapporti comunitari, che non è casa o rifugio… ma dove si transita, anche di frequente, con diversi scopi.
Il non-luogo è la stazione ferroviaria. L’aeroporto. Il Centro Commerciale… cose così, insomma. Impersonali. Prive di legami.
Perché il negozietto di quartiere, il bar, il cinema parrocchiale erano luoghi. Ovvero legati ad una serie di relazioni umane, comunitarie appunto. Dove ci si incontrava. Si parlava. Si rinsaldavano i rapporti. Avevano un ruolo non secondario nel definire un ben preciso spazio.
Il bar, prima ancora l’osteria… ma anche il lattaio, che vendeva latticini e formaggi, l’alimentarista, il fruttivendolo, il vinaio, il panettiere, il barbiere… il giro, pressocché quotidiano, per la spesa, diventava una partita di chiacchere, informazioni, pettegolezzi… leniva la solitudine e creava una rete di protezione sociale…
I negozietti – dimenticavo la merceria, il sarto, la modista… – erano “luoghi”. Avevano radici. Tasselli della realtà quotidiana. Del mondo in cui si viveva.
Gli ipermercati, le stazioni, gli aeroporti non sono “luoghi”. Senza radici, creano, al massimo, legami effimeri. Il tempo, misurato, di un viaggio. Due parole con la cassiera, che, oramai, sembra ridotta ad una macchina lei stessa. E resta stranita se tu la saluti e le chiedi come stia…
Augé aveva visto giusto. E tuttavia era stato miope. Nella sua concezione i “non luoghi”, prodotto della modernità, si affiancano ai “luoghi”. Producendo una nuova realtà. Mista, potremmo dire. E ineluttabilmente più complessa.
Ma oggi è possibile constatare come tutto spinga nella direzione dei “non luoghi”. Generalizzandoli il più possibile. Con un effetto di sempre più totale spaesamento.
È in atto, anzi per molti versi già realizzato, un processo di annientamento dei “luoghi”. E della riduzione delle esistenze – usare il termine “vita” mi parrebbe fuori luogo – ad un vagare senza alcun senso. Se non quello della produzione economica.
Quartieri dormitorio. Solitudine. Passeggiate il sabato negli ipermercati. I miei studenti coatti, ad esempio, erano soliti dirmi il venerdì
“A professò, noi domani se va a Roma a farce na birra…”
Ma Roma non era la Città Eterna, l’Urbe, come diavolo volete chiamala… era Porte di Roma, il più grande centro commerciale cittadino.
File di negozi, kebab, MC, cucina etnica, pub…
Luogo, o meglio non-luogo di transizione. Privo di qualsiasi identità. Niente a che vedere con le trattorie e le osterie di via Merulana, dei tempi che furono.
Vi andavo da universitario, quando scendevo a Roma per scartabellare i papiri dell'”Istituto Germanico”.
Ricordo “Nonna Carolina”. Un seminterrato con le volte a botte. Una vecchia che spadellava nella cucina a vista. Un cameriere, coi piedi piatti. Talvolta si sedeva al tuo tavolo, a fare due chiacchere, leggere il giornale…
I clienti per lo più impiegati e studenti. Abituali. Dopo due volte, ci si conosceva tutti. E si scherzava da un tavolo all’altro.
Poi furono introdotte le mense. E quelle taverne vecchio stile sparirono.
Non luoghi, impersonali, che si sostituivano a luoghi.
Non sono un terrapiattista, come si usa dire oggi. Ma ho vissuto, e subito, questa transizione. Questa transizione violenta… e, vedere cosa sta accadendo in questi anni – Covid, guerra in Ucraina, riduzione progressiva dei livelli di vita, emergenza (si fa per dire) ambientale – fa sorgere un sospetto… e mi sembra, tutto sommato, lecito.
Trasformare tutto in “non luoghi”. Quartieri dormitorio, cinema multisala – addio al modello “Nuovo cinema Paradiso – bowling ove gli uomini giocano da soli, passeggiate nella folla anonima di un supermercato… roba così. Non luoghi. Funzionali ad una visione dell’uomo come mero ingranaggio di un sistema economico. O, più esattamente, finanziario speculativo.
Una pedina anonima. Senza legami né radici. Quindi…bfacilmente eliminabile allorché non sia più… funzionale. O semplicemente sostituibile. Magari con una macchina.