La preoccupazione che le informative dei ministri di Esteri, Giustizia e Interni hanno confermato e che ha portato Palazzo Chigi alla decisione di convocare una conferenza stampa per questa mattina – in parallelo con il trasferimento di Alfredo Cospito al carcere di Opera, dove potrà trovare l’assistenza sanitaria necessaria ma mantenendo il regime di isolamento del 41 bis – è che le violenze di matrice anarchica che si susseguono ormai da settimane si possano intensificare, fino a generare uno stato di instabilità e di insicurezza nel quale potrebbero poi proliferare gesti terroristici più cruenti. Questo rischio è dovuto da un lato alla diffusione della cosiddetta “Galassia anarco insurrezionalista”, dall’altro alla semplicità tattica delle azioni dimostrative messe in campo, alla portata di qualunque ragazzotto esagitato.
Il Governo ha deciso di rispondere con quello che viene impropriamente definito un “pugno di ferro” ma che in realtà è un “doppio registro”. Si assicura a Cospito tutta la cura di cui ha bisogno per non morire: anzi la si impone, poiché il detenuto ha evidentemente intenzione di ergersi a martire, amplificando e rendendo così permanente il proprio ruolo simbolico. L’anarchico e terrorista, autore di una gambizzazione e autore di una mancata strage solo per imperizia, ha già chiarito che non accetterà l’alimentazione forzata e che, quindi, sarà necessario legarlo al letto per somministrargli le flebo necessarie a recuperare i valori degli elettroliti, che mettono a rischio la funzionalità cardiaca. Nel contempo però l’isolamento viene mantenuto, anche e soprattutto in funzione delle azioni dimostrative e della solidarietà espressa a livello intellettuale e politico per lui, sul piano quantomeno dell’umanità del trattamento della pena.
La simpatia che la causa solleva, cioè, è al tempo stesso una ragione per mantenerlo al carcere duro. Anzi, il governo insiste su questo punto, salvo osservare le indicazioni vincolanti dei sanitari, proprio per marcare la propria distanza rispetto a opposizioni che sul punto cincischiano, mescolando confusamente il caso specifico e la normativa carceraria. Persino nei confronti delle vittime degli attentati – diplomatici, giornalisti, poliziotti – si registra da parte di PD, M5S e simili un silenzio assordante ed eloquente. Questo atteggiamento è estremamente scivoloso per due ragioni: perché mette in discussione il regime di carcere duro, del quale nel sistema italiano c’è assoluto bisogno, considerandola la particolare pervasività del reato associativo criminale; e perché recupera un inquietante immaginario degli anni settanta del secolo scorso, cioè quello degli intellettuali engagé che flirtano con i terroristi.
Il combinato disposto tra questa connivenza meramente ideologica e la diffusione della rete operativa anarcoide, disponibile invece a compiere azioni pratiche, è esattamente quello che permise il coagularsi degli anni di piombo, provocando un ingente costo sanguinario. C’è molto Amarcord, anzi “Anarcord”, come ha giustamente scritto il manifesto, in questa vicenda. Ma c’è anche l’evidente consapevolezza delle opposizioni che, se non si assume per l’appunto un simbolo umanitario, la possibilità di attirare l’attenzione è praticamente nulla. Oggi opportunamente Repubblica suggerisce al PD di assumere quale proprio simbolo il rider 23enne investito e ucciso a Roma, cioè di rimettere al centro della azione del partito le sorti miserrime dei lavoratori più marginali (meglio ancora sarebbe attenzionare i marginali in genere, si pensi per esempio all’omicidio-suicidio dei due disabili di Ortona, sul quale è piovuto il nulla mediatico, indice di una sensibilità pubblica pari a zero assoluto). Ma è chiaramente molto più facile per partiti e loro esponenti giocare su questioni che non richiedono impegni socio-economici concreti e complicati e si risolvono, invece, con qualche chiacchiera da bar.
Ultima annotazione. Gli anarchici, dal punto di vista ideologico, sono indubbiamente affascinanti. Così come per certi versi lo sono stati i radicali, nelle loro battaglie per i cosiddetti diritti umani: si conferma cioè l’inevitabile evoluzione del marxismo verso il radicalismo di massa, profetizzata lucidamente molti anni fa da Augusto Del Noce.
Se, Dio non voglia, Cospito dovesse morire, la questione si complicherà ulteriormente ed enormemente. Anche perché non si deve trascurare quanto la mitologia dell’eroe e del martire sia forte a destra, dove Bobby Sands è ancora oggi idolatrato. Le derive di collegamenti e contatti tra tutti gli antagonismi potrebbero davvero essere sorprendenti.