Scende in campo anche la Dc per le elezioni del sindaco di Torino. In attesa che vengano riesumati Orazi e Curiazi, i programmi della nuova versione democristiana sono sovrapponibili a quelli degli altri protagonisti già presenti sulla scena. Aria fritta in abbondanza e nessun impegno preciso. Sino ad ora le uniche proposte mirate riguardano una pista da sci urbana ed una linea di monorotaia. Non proprio il massimo.

Eppure problemi anche spiccioli da risolvere non mancano. Come verrà rilanciata la Cavellerizza? Con la retorica e le illusioni grilline o qualcuno ha un’idea seria? Villa Gualino, sulla collina, resterà un corpo estraneo alla città o verrà coinvolta con qualche progetto di ampio respiro? Ed il Parco Michelotti, l’ex zoo abbandonato da decenni, avrà finalmente una funzione diversa da quella di area semiabbandonata?
Perché vanno bene le chiacchiere a vuoto su internazionalizzazione, su socialità, su sostenibilità, sul volano turistico e sulla vocazione industriale. Ma poi, nella realtà, le amministrazioni che si sono succedute non sono state neppure in grado di affrontare la riqualificazione di una grande area verde a fianco del Po. Lo zoo doveva essere eliminato perché la nuova sensibilità animalista etc etc. Però si sarebbe potuto far qualcosa di meglio rispetto all’inserimento di quattro giostre per bambini chiudendo tutta l’area restante. Compresi i vecchi edifici che ospitavano gli animali.

Avrebbe potuto essere l’alternativa ai Murazzi. Invece ci si è limitati a predisporre una pista in terra battuta per pedoni e ciclisti. In modo che possano ammirare la bellezza del Grande Fiume e chiedersi chi sono i cialtroni che hanno fatto costruire orribili edifici in stile cattcom Anni 50/60 sulla sponda ovest del Po. Perché il cattivo gusto, a Torino, si è abbondantemente esibito con la scusa della ricostruzione post bellica e con l’alibi delle carenze abitative per l’immigrazione dal Sud. E poi si è proseguita negli anni, non solo in periferia.
Però le brutte case di Lungopo Machiavelli non giustificano la mancanza di idee sulla sponda opposta. Si è oscillati tra un parcheggio ed una fattoria urbana. Indubbiamente per arrivare a simili proposte si sarà dovuto riunire un brain-trust composto dai migliori ingegni subalpini. Poi, come sempre, non si è fatto nulla. Chi non fa, non falla. E dai nuovi candidati scesi in campo non sono arrivati progetti mirati. Mentre l’amministrazione scadente aveva annunciato l’abbattimento delle strutture sopravvissute, senza un’idea di cosa fare dopo. E non ha neppure iniziato l’abbattimento.

Meglio occuparsi di grandi temi, preferibilmente quelli che non dipendono da un sindaco ma dal governo romano o, meglio ancora, da Bruxelles. Meglio buttarla in caciara fingendo di confrontarsi su temi “alti”: la fruizione della cultura da parte delle masse contadine inurbate versus i migranti impegnati nel dibattito tra multiculturalismo ed integrazione. In attesa di una presa di posizione in merito, con il coinvolgimento dei corpi intermedi e dell’arcivescovo, Parco Michelotti può attendere. Per decenni.