Volevo parlare d’altro… Non è la prima volta che lo dico. Volevo, o meglio vorrei (purtroppo il condizionale è d’obbligo) parlare di poesia, letteratura, haiku giapponesi, musica…e magari di donne. O meglio ancora della Donna.
Insomma, di qualcosa di…bello. O più esattamente della bellezza. Di quella bellezza che, sola, forse potrebbe ancora salvare questo mondo. Che sta affogando nel pantano, putrido e puteolente, dello squallore.
E qui, però, veniamo al punto dolente. Perché “La bellezza salverà il mondo” è una frase di Fëodor Dostoevskij. Tratta da una delle sue opere più intense ed inquietanti. “L’idiota”. L’opera nella quale forse maggiormente si palesa quel “genio crudele” di cui parla Michailovskij. Uno dei grandi della critica russa. E anche un acceso sostenitore di quel “populismo” che fu , forse, la più pura espressione “politica” dell’anima di quel popolo sospeso, per destino, fra Oriente e Occidente. Fra Asia ed Europa. Il populismo che guardava proprio all’autore de “L’idiota” come ad uno dei suoi riferimenti..
Anche se, naturalmente, Dostoevskij è stato, e continua ad essere, molto di più.
Uno dei maestri della nostra modernità. Dei maestri critici, o, se vogliamo, dei Maestri del Sospetto. Anche se Ricoeur, quando coniò questa definizione non pensava a lui. E la cosa mi è sempre apparsa, sinceramente, alquanto strana. Perché chiunque abbia letto “I demoni” non può non essere stato colpito dalla profondità abissale che si apre nel pensiero. Facendoti provare come la sensazione di cadere, improvvisamente, nel vuoto. Senza punti di appiglio, e neppure, però, un fondo sul quale schiantarti. Un incubo ricorrente, almeno per me.
Un incubo cui Dostoevskij dà forma di capolavoro artistico. Trovando anche in questa angoscia la capacità di scorgere la bellezza.
Per altro ho sempre pensato, che il titolo della vecchia edizione del ’44, che scoprii ragazzo nella biblioteca di casa, fosse, nella traduzione di Olga Resnevic, più…centrato. “Gli ossessi” e non “I demoni”. Perché Dostoevskij parla delle ossessioni dell’uomo. Soprattutto di quelle ossessioni che lui intuì destinate a divenire la sostanza di quella che, ormai, è la nostra realtà. Ossessioni in cui siamo talmente immersi da non essere più capaci di concepire…altro. Un altrove che si sottragga a questo cupo e massiccio grigiore che ci stringe come una gabbia. Imprigionando pensieri, sentimenti…persino sensazioni ormai snaturate. Il nostro Velo di Maya, per dirla con un altro maestro crudele. Schopenhauer.
Ora più di qualcuno avrà pensato che tutto questo pistolotto (più o meno) erudito che vado tessendo abbia un ben preciso scopo. Unirmi al coro di coloro che si stanno strappando vesti e capelli perché l’università “La Bicocca” di Milano avrebbe sospeso un corso di quattro conferenze proprio su Dostoevskij. Perché inopportuno in questo momento di guerra. Provvedimento subito rientrato per il coro di indignazione levatosi d’ogni dove. Anche dai pulpiti più impensabili. Come il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, notoriamente uso meditare sul pensiero russo. E Matteo Renzi, che, certo, ha trascorso la sua formazione fra Gogol e Solovëv.
Alla generale riprovazione si è unito anche il sindaco Sala. A difesa della cultura.. Peccato che, solo un paio di giorni prima, si fosse affrettato a far licenziare dalla Scala il Maestro Valery Gergiev. Reo di essere russo, e di rifiutarsi di prendere le distanze ufficialmente da quel feroce tiranno che ha nome Vladimir Putin. Il fatto che Gergiev, uno dei più grandi direttori d’orchestra viventi, per altro di origine osseta, avesse subito già analogo trattamento a Monaco di Baviera, è di ben poca consolazione. Dimostra soltanto che anche nel comportarci da strz noi italiani andiamo a rimorchio dei tedeschi.
Però, vedete, proprio qui sta il punto. Perché il problema non è indignarsi per una Università (che forse non a caso caso si chiama Bicocca, nomen est omen) che commette una sublime idiozia in nome della vulgata politicamente corretta. Cosa di cui, certo, le stesso Dostoevskij avrebbe ironicamente riso.
Il problema è l’ondata di folle russofobia che sta pervadendo il nostro meraviglioso Mondo Nuovo. Così libero, così tollerante. Così democratico.
Vogliamo parlare di come stanno vivendo i russi nel nostro Paese?
Irina, la cassiera del bar dove prendo un caffè la mattina. Una bella rossa con gli occhi verdi. Che però mi fissano velati di lacrime. “Non sa che vita stiamo facendo, professore…”
Nadja, la bionda dagli occhi di intenso azzurro che è proprietaria di un ristorantino enoteca.
“Già il Covid ci aveva messo in ginocchio. Ora ci voleva anche questa… Molti non vengono più. Ci guardano con odio. Siamo improvvisamente diventati i nemici. I barbari”.
Dunque, giusto, sacrosanto indignarsi per le lezioni su Dostoevskij. Ma, forse, dovremmo farci anche qualche domanda sull’intolleranza, l’ossessione che pervade il nostro mondo. Sempre alla ricerca di un nemico, vero o presunto, da demonizzare. Sul quale scaricare ogni colpa. Per accettare le narrazioni imposte. Per sentirci, oggi, meschinamente migliori. Superiori. Perché noi abbiamo la democrazia siamo popoli liberi. Noi.
Salgo sull’autobus. Un controllore con aria inquisitoria mi chiede il Green Pass….
E penso agli occhi di Irina e a quelli di Nadja. Tristi. Un senso di solitudine. Di paura. Speriamo che Dostoevskij avesse ragione. Che vi sia ancora una speranza. Che la bellezza possa, ancora, salvare il mondo.