L’Occidente. La cultura dell’Occidente. I valori (Sic!) dell’Occidente….e chi più ne ha, più ne metta.
Espressione, oggi, quanto mai abusata, questo Occidente, occidentale e simili. Abusata e, soprattutto, usata a sproposito. A Destra come a Sinistra. Con un significato, o meglio uno spettro di significati politici quanto mai… aleatori.
Perché, parliamoci chiaro, Occidente, di per sé, non significa nulla.
È, certo, un punto cardinale. Un riferimento geografico. Ma da questo a farne una dimensione politica, e ancor di più spirituale, ce ne corre. Una distanza abissale.
Intanto, che significa dire “occidentale”? Perché si dovrebbe precisare: occidentale rispetto a che cosa. E questo complica, non semplifica. Ad esempio, credo che si sia tutti d’accordo nel definire Oriente l’Iran. Ma rispetto alla Cina, l’antica Persia è Occidente.
E la nostra piccola Europa? Che so, la Francia, la Germania, la stessa Italia….sono davvero “Occidente”? Se le guardiamo da New York si trovano ad Est. Quindi sono Oriente.
Il fatto è che quasi tutti, oggi, usano in modo improprio, e spesso cialtronesco, il lessico della Geopolitica. Che non sarà una Scienza esatta (concetto sinceramente sempre discutibile dopo Einstein) ma è sicuramente una scienza complessa. Non semplificabile. Non riducibile in pillole, in formulette da gazzettieri di provincia.
Perché la geopolitica è studio integrarle dell’uomo, della sua cultura, della vita associata e di quella spirituale. Senza mai, però, astrarsi dalla realtà in cui vive. Che è determinata, in primo luogo, dalla geografia.
E la Geografia ha delle coordinate fondamentali. Est, Ovest, Nord, Sud. Ma tra i punti cardinali vi è molto, moltissimo altro. Una miriade di sfumature. E la Geopolitica dovrebbe studiare proprio queste. Le sfumature. Ovvero….le differenze.
Dire “noi siamo Occidente” non significa nulla. Anche ammesso di voler utilizzate questa espressione, diviene necessario precisarla. Molti anni fa, ci provò Geminello Alvi, anomalo e geniale economista di formazione steineriana, definendo gli States “Profondo Occidente”. Ovvero il punto di arrivo estremo di un processo culturale, prima ancora che economico e politico, iniziato in Europa. E dalla sua propaggine estrema, per certi versi aliena, l’Inghilterra, migrato poi verso… Occidente. L’estremo Occidente. Che, però, è dimensione spirituale. Non fisica.
Ovvero lo sviluppo di un razionalismo sempre più astratto, algido, autoreferenziale. Che ha trovato un suo punto d’arrivo nella cultura statunitense. Non è infatti un caso che il Pragmatismo, la prima, autentica, scuola di pensiero tutta americana, parta da un presupposto. Non ci interessa da dove vengano ie idee. E cosa siano. Ci interessa come farne uso.
Ora, da Platone e Aristotele, a Kant ed Hegel e oltre, la cultura dì quella che chiamiamo Europa ha sempre posto al centro la riflessione sulla natura delle Idee. Rinunciare a questo, significa un approccio alle idee come mero strumento pratico. Sradicato da ogni metafisica. Quindi, privo di ogni morale innata.
E, se riflettete, questo spiega davvero molte cose dell’oggi. Della deriva subculturale che stiamo vivendo. Del disprezzo di ogni morale naturale. E di una politica non solo cinica, che sarebbe, alla luce di Machiavelli, il meno….ma anche, e soprattutto, spudoratamente ipocrita. Una menzogna verso noi stessi, in primo luogo. Ed è mentire a se stessi ciò che mai potrà essere perdonato….
E non venite a citarmi, a sproposito, Spengler. L’Occidente di cui previde il Tramonto era l’Europa. O, più precisamente, l’Europa Centrale. Con i suoi Grandi Imperi che erano crollati dopo la grande Guerra. E le forze che questo Occidente spingevano verso il tramonto, erano sì l’est sovietico, ma al contempo il profondo Occidente americano. E poi Spengler era un genio. Ma aveva una visione troppo rigida, deterministica delle cose. Sinceramente, preferisco il Nuovo Medioevo di Berdjaev. Che presenta una visione più sfumata.
Non mi sento occidentale. E in fondo anche definirmi “europeo” mi va stretto. L’identità culturale è cosa complessa. Che ha a che fare, ad esempio, un siciliano, cresciuto nella terra della Magna Grecia, di Federico II, dei grandi lirici Arabi prima, di Jacopo da Lentini, poi, con un olandese? Senza voler svilire nessuno, naturalmente. Né offendere. E un fiorentino che ha a che spartire con un finlandese? Amo il Kalevala e la musica di Sibelius. Ma ammetterete che Dante è altra cosa…
Non mi piacciono i calderoni culturali, che trasformano tutto in insipide zuppe uniformi.
L’Europa, se esiste, è connotata da innumerevoli differenze, in uno spazio, tutto sommato, ristretto. Vi è il Grande bosco centro europeo, la steppa, la macchia mediterranea. Vi sono i ghiacci del Baltico e il tepore del Mediterraneo. Il vento dell’Oceano, lo Scirocco che giunge dal Sahara, il gelo del Buran…
È il tempio greco e la cattedrale gotica, Raffaello e Monet, Sant’Andrea di Mantova e le cupole del Cremlino. È Canova e Andreij Rubliev…
È contraddizione, contrasto e sintesi. Quel vostro Occidente, che tanto ci suggestiona, mi sembra solo monotonia e monocromia. Nella politica più ancora che in altro.