Mentre i partiti italiani continuano la girandola di dichiarazioni e consultazioni gli organismi finanziari internazionali ci dettano le regole della politica fiscale per i prossimi anni.
Sarà un caso, ma quasi simultaneamente Fmi, Bruxelles e addirittura l’OCSE hanno espresso pareri concordanti sulla situazione dell’economia pubblica italiana.
Partiamo dal Fiscal Monitor, l’istituto guidato da Christine Lagarde, in cui si spiega che quest’anno «alcuni paesi – come l’ Italia o il Canada – dovrebbero mantenere una politica di bilancio neutrale, per poi riprendere il consolidamento nei prossimi anni». In sostanza, niente nuovo deficit. In particolare, l’Italia dovrebbe dare la priorità a scelte che mettano il debito pubblico «su un solido percorso discendente».
Gli fa eco l’Fmi secondo il quale occorre operare un “taglio della spesa primaria corrente, il sostegno alle fasce più deboli, l’aumento degli investimenti e la riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi, spostando la tassazione verso la ricchezza, la proprietà e i consumi, ampliando la base imponibile”.
Non risulta difficile interpretare le indicazioni degli economisti di Washington secondo precise indicazioni che si dovranno trasformare in altrettanto precise azioni politiche, tutte per altro ben presenti ai legislatori italiani e al ministero dell’Economia. Patrimoniale, ritorno alle tasse sulla prima casa e aumento dell’ Iva.
In modo diverso e con formule più o meno prudenti, appelli in questo senso sono arrivate anche dall’Ocse, l’ organizzazione dei paesi più sviluppati, e dalla Commissione europea.
Con buona pace di tutti quei politici che nella trascorsa campagna elettorale si riempivano la bocca con flat tax, reddito di cittadinanza e futuribili sforamenti del rapporto deficit pil.
Tanto più che, sempre in questi giorni, il centro studi di Confindustria ha previsto un abbassamento del pil a livello mondiale già dal primo trimestre di quest’anno.
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